Dopo il rigetto del Mise, la decisione passa al Ministero dell'Ambiente nel cui sito il progetto figura ancora con relative cartine e immagini
di Fabrizio Pinzuti
RADICONDOLI – Pur prendendo atto del rigetto dell’istanza del permesso di ricerca di risorse geotermiche pubblicato nel bollettino ufficiale degli idrocarburi e delle georisorse del 31 luglio 2015, relativo alla centrale “pilota” denominata Lucignano, nel territorio comunale di Radicondoli, abbiamo usato più volte il condizionale nel parlare di “pericolo scongiurato”. Perché tale cautela?
Il rigetto è del MISE (Ministero Sviluppo Economico), che infatti fa sparire il progetto dalla sua lista, ma che è uno solo dei due soggetti cui spetta decidere; l’altro è il Ministero dell’Ambiente, nel cui sito il progetto figura ancora con relative cartine e immagini. Ma non è solo e tanto questione se basta il rigetto di un solo ministero a fermare definitivamente il progetto. Non è facile dietrologia pensare alle varie pressioni che le lobbie dell’energia possono esercitare sui vari organi politici e amministrativi. Dopo la famosa moratoria dell’attività geotermica del presidente della Regione Toscana Enrico Rossi, scaduta il 24 agosto scorso, nell’audizione del 1 ottobre i rappresentanti della Rete Geotermica (di cui fanno parte alcuni degli operatori titolari di permessi e soggetti industriali della filiera geotermica) hanno sollecitato la Regione al rispetto degli accordi del protocollo di intesa siglato nel 2014 tra Regione e Rete. L’accento è stato posto sull’importanza della regolamentazione dei permessi di ricerca. Da parte della Rete sono arrivate richieste precise alla commissione in particolare riguardo alla semplificazione del processo amministrativo e al rispetto delle tempistiche per il rilascio delle autorizzazioni. Nel Consiglio regionale del 7 ottobre scorso è stata approvata una risoluzione proposta dal capogruppo del PD Leonardo Marras che ribadisce che le scelte della Regione dovranno individuare “consapevolmente le compatibilità e le tolleranze degli interventi” … coniugando “lo sviluppo della produzione con la sua integrazione con il territorio”, definendo “norme omogenee di gestione dei programmi di ricerca e coltivazione della geotermia, che siano compatibili con le caratteristiche del paesaggio e con la normativa che ne disciplina la conservazione e la trasformazione”, tenendo presenti le esigenze delle comunità e dei Comuni. La mozione sottolinea però anche – e più di un osservatore ha parlato in proposito di antinomia – la volontà di dare “piena attuazione al protocollo d’intesa approvato nel novembre 2013, sottoscritto con Rete Geotermica toscana di cui fanno parte alcuni operatori titolari dei permessi di ricerca per la realizzazione di impianti per la produzione di energia a media entalpia a ciclo binario”. Punto cardinale della risoluzione è il predisporre “il prima possibile”, e di concerto con le istituzioni locali, le indicazioni previste dal Paer (Piano ambientale energetico regionale) per definire il “numero massimo dei pozzi esplorativi da concedere”, i “criteri e i parametri per la loro corretta distribuzione sul territorio”, tenendo conto delle “prescrizioni” del Pit (Piano di indirizzo territoriale) con valenza di Piano paesaggistico e specificatamente riferite alle zone di produzione agricola ad alto valore qualitativo, per il “corretto inserimento degli impianti” e per “spingere i concessionari ad utilizzare le tecnologie più avanzate in termini di sostenibilità”. E dar vita alla cosiddetta “zonizzazione”. A destare preoccupazione è proprio il richiamare questo accordo con la Rete Geotermica – che è un’associazione di imprese che raccoglie alcune delle società titolari di alcuni permessi di ricerca per lo sviluppo della nuova geotermia, dopo la liberalizzazione del mercato del 2010 e di cui fanno parte anche soggetti industriali specializzati nella progettazione e realizzazione di pianti della filiera geotermica. Apparentemente il progetto “Lucignano” sembrerebbe non rientrare nel protocollo firmato con la Rete Geotermica, che riguarda permessi di competenza regionale, essendo di pertinenza esclusiva della corsia “veloce” del governo. Ma le pressioni e le sollecitazioni esercitate palesemente dalla Rete Geotermica, trovano il loro corrispondente in quelle che vengono esercitate – e non con la stessa evidenza – a livelli più alti. Non sono voci di corridoio le notizie che giungono da Roma dei tentativi delle imprese di trovare un’alternativa (un accordo?) al rigetto del Mise. Come si spiegano i “ritardi” del Parlamento a tradurre in provvedimento legislativo la risoluzione sulla geotermia approvata dalle Commissioni VIII e X della Camera dei Deputati nella seduta del 15 aprile 2015? La risoluzione, se accettata, ridimensionerebbe la “deregulation” venutasi a creare nel settore della geotermia (per più d’uno volutamente e con il solo fine di fruire dei forti incentivi previsti) con il famigerato decreto “Berlusconi-Scajola”, emanato a seguito delle pressioni esercitate dalle lobbie dell’energia?
Per tornare a Radicondoli, c’è insomma il rischio che quello che è uscito con il rigetto del MISE dalla porta, possa rientrare dalla finestra. E purtroppo non sarebbe la prima volta che quanto espresso all’unanimità da amministratori e cittadini rimanga lettera morta di fronte a interessi più forti.