Uno studio del Cnr informazioni di carattere scientifico e sanitario
di Fabrizio Pinzuti
PIANCASTAGNAIO. E’ stato recentemente pubblicato il rapporto conclusivo sulla sorveglianza epidemiologica in aree interessate da inquinamento ambientale da arsenico di origine naturale o antropica, Progetto SEpiAs CCM2010, di cui è ente coordinatore l’Istituto di Fisiologia Clinica (IFC) del Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR) di Pisa, sotto la responsabilità di Fabrizio Bianchi. In attesa che la comunità scientifica possa pronunciarsi sul rapporto, partiamo proprio dalle dichiarazioni di Bianchi. “Abbiamo stabilito, che c’è l’arsenico e ci sono tracce di esposizione in una parte della popolazione. In che modo poi questo si rifletta sulla salute è da determinare. Ma è possibile che gli eccessi di mortalità e morbosità già rilevati in queste aree siano legate anche all’arsenico. Il Progetto, ha riguardato 282 residenti, tutti adulti, in aree del Monte Amiata, nel Viterbese, a Taranto e Gela. Nelle urine dei soggetti controllati abbiamo misurato il contenuto di diverse specie organiche e inorganiche di arsenico, alcune delle quali sono riconosciute cancerogene certe per l’uomo. Sono stati misurati inoltre parametri di rischio cardiovascolare mediante ecodoppler carotideo e cardiaco e, nel sangue, numerosi biomarcatori di suscettibilità genetica, di danno al Dna, di effetto precoce. Ad ogni partecipante, inoltre, è stato sottoposto un questionario. Dallo studio emergono numerose informazioni di carattere scientifico e sanitario. Le quattro aree risultano caratterizzate diversamente per distribuzione e tipologia di arsenico assorbito dai partecipanti al biomonitoraggio e anche per alcune caratteristiche genetiche. Per quanto riguarda l’arsenico inorganico sono stati osservati valori medi di concentrazione elevati, sulla base di quelli di riferimento nazionali e internazionali per il biomonitoraggio umano, in un soggetto su quattro sul totale, ma con rilevanti differenze: 40% Gela, 30% Taranto, 15% Viterbese, 12% Amiata. Questi dati, da usare con cautela in considerazione dei piccoli campioni, non sono marcatori di malattia ma testimoniano l’avvenuta esposizione. Sono emerse, poi, alcune associazioni statisticamente significative tra concentrazione di arsenico e fattori di rischio indagati col questionario. Principalmente con l’uso di acqua di acquedotto e di pozzo, ma anche con esposizioni occupazionali e con consumo di alimenti quali pesci, molluschi o cereali, che dovranno essere indagati con studi specifici. La preoccupazione per i rischi ambientali per la salute appare peraltro acutissima, specie nelle due aree industriali. A Taranto e a Gela circa il 60% del campione giudica la situazione grave e irreversibile e oltre l’80% ritiene certo o molto probabile che in aree inquinate ci si possa ammalare di tumore o avere un figlio con malformazioni congenite. Diversificato il livello di fiducia negli enti locali. Nel 40% dei casi nell’Amiata e nel 27 a Viterbo, ma solo nel 6% a Taranto e nel 16% a Gela. Lo studio ha fornito indicazioni importanti per la definizione di sistemi di sorveglianza nelle aree studiate che includano interventi di prevenzione sulle fonti inquinanti conosciute e la valutazione della suscettibilità individuale all’arsenico. Si suggerisce la prosecuzione del monitoraggio periodico, a iniziare dai soggetti con i valori più elevati, per i quali si propone un protocollo di presa in carico da parte delle Asl, assieme a un’informazione costante e attenta da parte delle autorità, avvalendosi dei ricercatori e degli operatori della sanità pubblica”.
Ritorna così con nuovi argomenti la “vexata quaestio” della presenza in Amiata dell’arsenico nel sottosuolo, nell’atmosfera, nel suolo e nell’acqua e delle sue ricadute sulla popolazione. Senza generare allarmismo infondato, cerchiamo di fare il punto della situazione sulla base di studi scientifici. Intanto non v’è dubbio della presenza in Amiata dell’arsenico nell’atmosfera. L’ARPAT (Agenzia Regionale per l’Ambiente Toscana) certifica ufficialmente che in un anno le centrali geotermiche dell’Amiata rilasciano in atmosfera, tra i vari inquinanti, 28,97 chili di arsenico, che, spiega l’ISPEL (Istituto Superiore per la Prevenzione e Sicurezza sul Lavoro), va a finire nel suolo e attraverso le catene biologiche e alimentari arriva all’uomo. E’ inoltre ampiamente documentata dalle continue analisi di istituti pubblici la presenza dell’arsenico nell’acqua distribuita dagli acquedotti. Nei comuni dell’Amiata fino a tutto il 2009 si è bevuta acqua anche con 30 mgr/litro di arsenico, classificata potabile, in deroga alle norme europee e nazionali, sulla base di determinazioni della Regione Toscana, a cominciare dal 2001, fino a che una decisione della Commissione Europea del 28 ottobre 2010 ha finalmente imposto uno stop alle deroghe e comuni ed enti gestori si son visti costretti a istallare filtri. Le deroghe erano peraltro state concesse a due condizioni: che gli amiatini fossero informati della presenza dell’arsenico nelle acque e che le deroghe stesse fossero accompagnate da programmi certi di bonifica. Ogni amiatino può rammentare se è stato informato. La stessa istallazione degli abbattitori di arsenico a valle delle sorgenti, per giunta con costi che secondo alcuni sono posti a carico dei consumatori che pagano così bollette tra le più care d’Italia, dimostra che i programmi di bonifica non sono stati attuati. E’ un caso poi che la presenza dell’arsenico, almeno nelle quantità sopra citate, sia stata rilevata qualche decennio dopo l’inizio dell’attività geotermica? Secondo il responsabile di Enel Green Power Roberto De Ambrogio “lo sfruttamento delle risorse geotermiche non ha effetti sulle falde di acque potabili perché gli acquiferi geotermici sono situati a grandi profondità, mentre le falde di acqua potabile si trovano a poche decine di metri; l’acquifero geotermico deve essere per definizione impermeabile, perché, altrimenti, i fluidi si disperderebbero nell’ambiente circostante e non potrebbero essere sfruttati per la produzione di energia”. Per altri (tra i quali il vulcanologo Borgia, il geologo Dressino, e cfr. anche Regione Toscana, Settore Tutela del territorio e della costa. Prot. N. A00-GRT del 14.11.2007 “Piano di lavoro finalizzato alla definizione del bilancio idrico dell’acquifero dell’Amiata. Risultati delle indagini eseguite”, a firma del geologo Luigi Micheli) è quanto meno possibile, per non dire certo, che i vapori geotermici provenienti dalle profondità veicolino nell’atmosfera arsenico e altri elementi che non sono naturalmente nell’atmosfera, almeno nelle quantità citate, e che falde profonde vengano messe in comunicazione con quelle superficiali, o che per effetto della depressione creata dallo sfruttamento, falde superficiali siano richiamate in basso. Questi fenomeni troverebbero conferma nell’abbassamento, piezometricamente rilevato, della falda acquifera superficiale e nel peggioramento della qualità dell’acqua, sempre più esposta a un numero maggiore di inquinanti, tra i quali anche l’arsenico. E’ certo in ogni caso che in Amiata c’è un effetto sinergico e cumulativo dell’arsenico contenuto nell’acqua e nell’atmosfera. La letteratura scientifica documenta ampiamente la tossicità dell’arsenico, che presenta spiccate proprietà cancerogene alla cute, al polmone, alla vescica, al rene, al colon e al fegato. Questo metallo tossico e classificato cancerogeno dall’Agenzia Internazionale per la ricerca sul cancro (IARC), ha anche un meccanismo genotossico, quindi aumenta la proliferazione cellulare con rilascio di fattori di crescita, modifica la riparazione del DNA ed infine partecipa allo stress ossidativo con produzione di radicali liberi dell’ossigeno; non presenta né odore né sapore e questa caratteristica lo ha reso un veleno per i “delitti perfetti”, perché a bassi dosaggi provoca una morte pressoché uguale a quella naturale. Particolarmente grave l’effetto dell’arsenico sulle categorie fragili, come le donne in gravidanza e i bambini. L’ISDE (Associazione Italiana Medici Ambiente) segnala in proposito problemi dello sviluppo neurologico, autismo, deficit dell’attenzione e iperattività, disturbi dell’apprendimento, della memoria, della capacità di lettura, riduzione del quoziente intellettivo, patologie dell’apparato respiratorio, perdita fetale, aumento dei casi di decesso infantile, neoplasie. L’assunzione cronica di arsenico soprattutto attraverso acqua contaminata è indicata in letteratura scientifica anche quale responsabile di patologie cardiovascolari, neurologiche, diabete mellito, lesioni cutanee, disturbi respiratori, della sfera riproduttiva e di malattie ematologiche. Più dettagliate informazioni in http://www.my-personaltrainer.it/tossicologia/arsenico-32.html.
Si segnala infine che l’OMS (Organizzazione Mondiale Sanità), insieme all’EPA (Ente Protezione Ambientale USA) e alla citata ISDE, ricorda e auspica come obiettivo di qualità un contenuto di arsenico pari a zero (o al più in via transitoria di cinque microgrammi per litro), nelle acque destinate al consumo umano.