Rapporto inversamente proporzionale tra il manager e il titolo Montepaschi
di Red
SIENA. IL dato statistico è impressionante. Dal 18 dicembre, quando il titolo MPS chiudeva in Borsa a 0,1545 euro le contrattazioni a ieri, 15 gennaio 2014, quando alle 17:30 veniva quotato 0,1869 euro l’azione Monte dei Paschi aveva avuto un rialzo di oltre il 20%. Sono numeri, non opinioni: si comincia a risalire la china da quando la signora Mansi si è schierata apertamente contro il frettoloso aumento di capitale voluto da Profumo e dalla Bce (guidata da un certo Mario Draghi che dirigeva Bankitalia ai tempi della mancata vigilanza verso Rocca Salimbeni!) e benedetto dalla politica locale e nazionale. Nonostante i quotidiani appelli del Tandem sull’ineluttabilità dell’evento pena la morte dell’istituto di credito e rimbalzati sulla stampa nazionale creando un clima di costante allarmismo che non giova ai conti del Monte (se mai qualcuno gliene chiederà conto, a questi signori, delle tensioni che provocano nei correntisti con le loro catastrofiche previsioni sbagliate) il titolo sale mano mano che si capisce che la partita in assemblea è una sconfitta per Profumo. Operatori di borsa amanti dell’azzardo o qualcuno deve portare il titolo a 0,24 alla svelta per salvare capra e cavoli?
Questo però passa inosservato sulla grande stampa e forse non a caso l’Italia nella classifica sulla libertà di stampa 2013 è soltanto al 57° posto. Infatti, dopo il Cda che ha respinto le dimissioni presentate da Viola, il presidente del Monte è corso a rifugiarsi tra le braccia di Massimo Giannini di Repubblica, per sfogarsi di essere un incompreso a Siena. Giannini, pur ottimo giornalista, si dimentica che il tam tam mediatico aveva previsto che Profumo si sarebbe presentato dimissionario in CdA, invece si è scritto solo di Viola. Sarebbe interessante sapere dal manager genovese perché abbia ritrattato prima di entrare in consiglio le ventilate sue dimissioni, ma non lo sapremo mai. Poi c’è il solito e ormai stantìo attacco alla città che, attraverso la Fondazione, vorrebbe mantenere la presa politica sulla banca. Come se il nominato dalla politica alla guida della banca non fosse lui, lo sa Giannini che ce l’ha messo un sindaco di Siena funzionario di partito? Come se diluirsi dal 33% al forse 10% – sarà inevitabile quando l’aumento di capitale sarà eseguito – non sia un fatto ormai accettato da tutti. Ma per certi ambienti svendere a 15 centesimi è lo stesso che svendere a 25 ma non per la Fondazione che con il margine potrebbe sopravvivere agli errori del precedente presidente, Gabriello Mancini. Anch’egli nominato da un sindaco funzionario di partito e fondatore, insieme all’attuale sindaco Valentini, di un circolo Fgci nei primi anni Settanta. Pci, un partito che i suoi uomini li allevava, non emergevano certo dalla società civile per meriti.
Che a Roma nella sede del Pd e in quella della Fondazione Italianieuropei di Massimo D’Alema si sia deciso dei destini del Monte dei Paschi lo ha confessato Ceccuzzi in una breve intervista a Guido Ruotolo de La Stampa del 1/8/2013 (oltre che ai magistrati della Procura) che a Siena è passata clamorosamente inosservata. Aggiungiamo che la politica poteva salvare la banca anche dopo l’acquisto di Antonveneta, perché i rilievi della Banca d’Italia precedono di due anni la fine della presidenza Mussari. Due anni pericolosamente vissuti aumentando in gran segreto i debiti propri, facendo indebitare la Fondazione con l’aumento di capitale del 2011, ricevendo in prestito soldi dalla Banca d’Italia in spregio alle debite comunicazioni ai mercati. Pensando altresì che i mercati ignorassero tutto, ma puniti dal progressivo calo del valore del titolo, la costante di tutto un periodo 2008-12 che sono numeri, non opinioni. Fatti acclarati. Come acclarato è il fatto che ogni volta che Profumo perde un round, la Borsa premia il titolo MPS. Noi che facciamo parte della città “troppo piccola che non si merita una banca così importante” non riusciamo a capire la finezza della speculazione di Borsa. Se il dottor Profumo fosse così gentile da alzare la cornetta del telefono e spiegarcelo di persona, non potremmo chiedere di meglio. Ma non lo farà, in ossequio alla tradizione comunicativa della politica di governo “se ti ignoro, non esisti”: il modus facendi di Mussari, guarda caso.