Profumo sfiduciato di fatto dalla Fondazione vuole togliersi la pulce di dosso
di Red
SIENA. La chiusa di Camilla Conti per l’Huffington Post tricolore è categorica: “Profumo, nei fatti, è sfiduciato. Tanto che nelle contrade è già scattato il toto-successore al vertice del Monte: i nomi che circolano sono quelli di Divo Gronchi, Lorenzo Bini Smaghi e Domenico Siniscalco”. Troppo buona, la signora Conti, verso un istituto come le Contrade, che così tanto potere non hanno avuto mai nelle vicende del Monte anzi, spesso erano in prima fila nelle richieste che hanno trasformato la banca più antica del mondo in un dispensario di potere e favori politico-elettorali.
Ma che è a rischio personale lo sa bene Alessandro Profumo. Giusto il 24 dicembre, quando le persone normali si preparano a festeggiare il Natale, ha inviato una lettera alla Fondazione, in risposta a un quesito “di Palazzo Sansedoni dove rileva come ”ciascun membro” del cda potrebbe assumere determinazioni di ”natura personale” in caso di mancata approvazione della delibera di aumento” come scrive Ansa. Tradotto in italiano, o si fa quel che dico io o prendo cappello e pianto baracca e burattini. Profumo tira dritto, non ci sono margini di trattativa con lui, probabilmente è pure scocciato. In fin dei conti, tra un applauso e un’altro di un pubblico che forse non lo capiva fino in fondo, la scorsa estate in Fortezza, spalleggiato da Sergio Rizzo, aveva detto che MPS era una banca troppo grossa che una città troppo piccola come Siena non meritava, tra l’altro commettendo un falso storico. Siena una grande città lo è stata e proprio il Monte ne è il risultato più evidente assieme alla bellezza dei suoi palazzi storici.
La politica parla sempre di “fretta” ed “emergenza” per fare accettare ai cittadini operazioni che in tempi di normalità sarebbero viste come fumo negli occhi. E che tali rimangono anche in emergenza. E Profumo ha fretta. Potrebbe essere in occasione dei prossimi stress test europei sulle banche che la Bce sia costretta a spiegare, come chiediamo da oltre un anno, se i titoli di stato nel portafoglio delle banche siano negativi o meno. Se lo sono, vuol dire che gli stati dietro i bond sono in fallimento: così le banche. Se non lo sono vuol dire che i 27 miliardi di BTp del Monte sono un utile e non un passivo. E allora i conti si rifanno in un altro modo. Ma se l’aumento di capitale è già stato eseguito varrà la morale napoletana “chi ha avuto ha avuto, chi ha dato ha dato, scurdammoce ‘o passato…”. La Bce deve una risposta a tutta l’Europa, sulla mancanza di ciò si fonda buona parte delle difficoltà degli ultimi due anni.
Il destino di MPS, almeno dal tempo della legge che istituiva le Fondazioni bancarie, è sempre stato deciso altrove. Lo aveva anche ventilato Mancini, lo dimostrano le protezioni di cui ha goduto Mussari, proiettato e confermato all’Abi, nonostante fosse l’artefice del disastro di Rocca Salimbeni, papabile come nuovo presidente dello Ior, intoccabile fino a rinvio a giudizio. BNL poteva essere l’occasione giusta per togliere la banca alla città ma saltò per altri motivi, i contendenti locali non capirono lo scenario globale. Da lì arrivò l’occasione giusta con il via libera a Mussari per l’operazione Antonveneta. Le autorità finanziarie italiane furono distratte, come ha ammesso recentemente Ignazio Visco, o veramente si voleva salvare il Santander, che si era cacciato nei guai con l’avvelenato boccone padovano. Per scaricarlo all’ereticale Monte dei Paschi di allora, che non faceva “sistema” ma voleva entrare nei salotti buoni di Mediobanca, la stessa che ha gestito tutte le operazioni che hanno portato al tracollo del Monte e gestisce adesso il destino della Fondazione. La fretta di Profumo viene da molto lontano.