Avevano fatto pressione su di lei, minacciando di non farle vedere più i figli
Reggio Calabria, (Adnkronos/Ign) – I genitori e il fratello di Maria Concetta Cacciola sono finiti in manette oggi per maltrattamenti e violenze nei confronti della testimone di giustizia suicidatasi, ingerendo acido muriatico, il 22 agosto scorso a Rosarno. I carabinieri e i poliziotti del commissariato di Gioia Tauro hanno stretto le manette ai polsi di Michele e Giuseppe Cacciola, padre e fratello della donna, e la madre Anna Rosalba Lazzaro. Sarebbero stati loro, secondo gli inquirenti, a farla ritrattare usando su di lei una forte pressione psicologica e la minaccia di non farle vedere i figli. Maria Concetta Cacciola aveva lasciato documenti in cui lamentava i maltrattamenti che subiva. Contemporaneamente i carabinieri del Comando provinciale di Reggio Calabria e il Ros hanno eseguito in mattinata un provvedimento di fermo di indiziato di delitto, emesso dalla Direzione distrettuale antimafia di Reggio Calabria, nei confronti di 11 appartenenti alla cosca Pesce di Rosarno, responsabili a vario titolo di associazione di tipo mafioso. Le indagini, svolte dai carabinieri alla ricerca del latitante Giuseppe Pesce, hanno consentito di individuare i nuovi soggetti ai cui era stata affidata la direzione strategica e operativa della cosca dopo l’offensiva delle forze dell’ordine che negli ultimi anni hanno colpito i capi. Gli investigatori hanno trovato elementi utili in un pizzino scritto da Francesco Pesce, nelle dichiarazioni della testimone di giustizia Maria Concetta Cacciola, dalle dichiarazioni della collaboratrice Giuseppina Pesce e da riscontri delle intercettazioni telefoniche.