Sequestri di beni per oltre 9 milioni di euro
Firenze. (Adnkronos/Ign) – Sette persone arrestate di cui 4 in carcere e 3 ai domiciliari e 31 indagati. E’ questo il bilancio di una maxi operazione anti camorra della Squadra Mobile di Firenze che ha permesso di smantellare un’organizzazione criminale composta da esponenti della camorra napoletana radicata in Toscana dalla metà degli anni ’80. Sono stati anche sequestrati beni per oltre 9 milioni di euro e, nel corso delle indagini, sono stati accertati dalla Guardia di Finanza 20 milioni di euro di evasione fiscale. Estorsioni, tentate corruzioni, riciclaggi e reati societari posti in essere mediante il sistematico uso della forza e dell’intimidazione, sono solo alcuni dei reati contestati alle 31 persone indagate a vario titolo nell’ambito del procedimento per il quale il Tribunale di Firenze ha emesso l’ordinanza cautelare e i sequestri preventivi eseguiti nella giornata di ieri. Le indagini dirette dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Firenze hanno fatto luce su una ben radicata associazione per delinquere principalmente dedita all’acquisizione di società in crisi.
Dopo l’offerta iniziale di aiuti e sostegni economici alle malcapitate aziende, il clan ne assorbiva completamente la gestione con contabilità principalmente gestite a ”nero, mediante violenze e minacce. L’imponente evasione fiscale (si stima un danno per le casse dello stato di circa 20 milioni di euro dal 2002 ad oggi), veniva attuata mediante la mirata costituzione di società ‘cartiere’ che emettevano fatture false a beneficio di società effettivamente operanti nel settore tessile che, attraverso la sistematica contabilizzazione, generavano fittizi crediti d’imposta impiegati poi il pagamento dei tributi attraverso l’istituto della ‘compensazione’. Le società, che avevano una vita media di due/tre anni decorsi i quali venivano messe in liquidazione e sostituite con altrettante identiche, venivano intestate a ‘teste di legno’ compiacenti che percepivano, per tale incombenza, una somma mensile variabile dagli 800 ai 1500 euro. Queste manovre, che assicuravano agli appartenenti un elevato tenore di vita acquisendo proprietà regolarmente intestate a terzi, venivano finanziate con cospicui capitali prelevati di volta in volta da conti esteri.
Fori di proiettile sulle portiere delle macchine, minacce a mano armata fino ad intimidazioni messe in atto mostrando la pistola infilata nella cinta dei pantaloni, sono solo alcuni dei metodi adottati nel corso degli anni da questa associazione criminale. A dare il via alle indagini nell’ottobre del 2009 fu la testimonianza di un imprenditore che trovò il coraggio di denunciare alla polizia un colpo d’arma da fuoco esploso sulla portiera della sua auto da sicari riconducibili alle persone inquisite.
Durante la deposizione emerse che l’uomo, titolare di una ditta di giardinaggio di Castelfiorentino, proprio all’inizio del 2009 per fronteggiare un’improvvisa crisi finanziaria accettò l’aiuto di un imprenditore campano, il principale indagato. Ma con il passare del tempo l’imprenditore si accorse che il nuovo socio lo stava di fatto estromettendo da tutte le attività della propria impresa con mirate manovre aziendali. A queste sono seguite minacce e sistematiche aggressioni mafiose fino allo spoglio completo dei beni immobiliari della società. Oltre ad una lunga serie di estorsioni, tra gli episodi contestati all’organizzazione criminale spiccano anche altre analoghe azioni in danno di aziende dislocate tra le province di Firenze, Pisa e Prato. Una in particolare era stata assorbita dal clan per gestire le corse automobilistiche di rally al quale il capoclan e il figlio partecipavano come semiprofessionisti.
All’operazione hanno collaborato anche i finanzieri del Gruppo di Formia che hanno concorso nell’esecuzione delle misure patrimoniali. L’indagine ha infatti messo in luce dei complessi meccanismi fraudolenti orchestrati da un noto professionista del sud Pontino. Tale meccanismo permetteva dunque di svolgere una normale attività imprenditoriale ma a costo zero, ossia senza versare imposte, il tutto ai danni dell’erario. Il sistema truffaldino ha consentito al gruppo criminale di ottenere considerevoli vantaggi economici che venivano poi reinvestiti nell’acquisto di auto di lusso e proprietà immobiliari in Toscana, Sardegna e Campania.