Nuove politiche per le produzioni artistiche e culturali
SIENA.La chiusura del Santa Maria è stata una delle pagine più nere della storia recente di Siena, ha mostrato la fragilità e l’insostenibilità del progetto culturale portato avanti in questi venti anni, prima con Piccini e poi con Cenni (oggi fiancheggiatori di Neri). Un progetto che si reggeva sulla disponibilità di risorse quasi illimitate e che faceva sembrare il Comune un munifico mecenate. L’ennesimo sogno di grandezza di una politica che ha partorito solo disastri e tante opere incompiute. Purtroppo non ci possiamo più permettere il mecenatismo fine a se stesso. Di quella stagione ricca ci resta solo il ricordo di tante grandi mostre, solo alcune davvero tali, e nessun centro culturale compiuto e operante. Il Santa Maria ne è il simbolo più doloroso e illuminante. Non sono bastati venti anni per completarne il recupero, ancora lontano, e nemmeno per dargli un’anima, un ruolo centrale nella produzione culturale della città. Oggi è uno spazio vuoto con enormi difficoltà ancora da superare.
Oggi, più di prima, bisogna ripensare il progetto iniziale con un coinvolgimento più diretto e convinto di tutte le istituzioni cittadine e nazionali che si occupano di cultura, per trovare nuove risorse e nuovi interessi che possano dare all’antico spedale il ruolo che merita e che serve alla città, ai cittadini che fanno delle arti e delle culture anche un lavoro. Per prima cosa dovremo liberare la struttura dai costi fissi di funzionamento, più di un milione di euro l’anno, impiantando attività economiche, compatibili con la vocazione dell’antico spedale, che ci consentano di recuperare risorse da aggiungere a quelle provenienti dai bandi europei per rilanciare la proposta e la produzione culturale. Il Santa Maria deve diventare un punto di eccellenza internazionale nella produzione di cultura, innovativo e attrattivo, non solo un luogo di gran fascino da far vedere ai turisti. E’ questa la parte del progetto che nessuno dei precedenti sindaci è riuscito a sviluppare.
La candidatura di Siena a capitale europea delle cultura può rappresentare una grande occasione, a patto che si riesca a cambiare l’approccio mecenatistico, che sa di assistenzialismo, delle politiche culturali perseguite fino ad ora. Un cambiamento difficile da far digerire ad alcuni operatori del passato che nonostante i risultati fallimentari vorrebbero indicarci ancora la direzione da prendere. Ne sono un esempio le stupefacenti dichiarazioni di Marco Pierini che per giustificare un rocambolesco avvicinamento al candidato del centrodestra, Eugenio Neri, taccia me e chi mi sostiene di interessarci alla cultura solo in funzione del turismo. Forse si sta candidando ad essere il nuovo consigliere culturale del valido cardiochirurgo mio avversario al ballottaggio. Di certo Marco Pierini è portatore di una storia finita malamente, quella del Centro d’arte contemporanea “Le Papesse”. Un’idea suggestiva dell’ex sindaco Piccini, nata troppo grande ed insostenibile per le casse comunali e così morta dopo pochi anni perché troppo dipendente dalle disponibilità della Fondazione Mps. Proprio a Pierini fu dato, dal sindaco Cenni, il compito di rendere quel progetto sostenibile. Il Comune non poteva investire milioni di euro l’anno nell’arte contemporanea. Non ci riuscì e quella struttura continuò a costare ogni anno quanto quattro o cinque asili senza avere più la notorietà che ne caratterizzò la nascita.
Nelle condizioni in cui siamo oggi, a Siena e in Italia, quel modello è ancora più insostenibile. Dobbiamo essere in grado di attrarre risorse ed interessi se vogliamo produrre cultura e non solo distribuirla. Non è una scelta ma una necessità. La colpa di quella stagione, all’insegna del clientelismo della Fondazione, è che non ci ha lasciato niente di duraturo, niente che produca cultura, niente che aiuti agli artisti di Siena, come dimostra la brutta vicenda della sala “Lia Lapini”. Oggi ripartiamo da zero. Pierini invita a votare Neri pur essendo un sostenitore di Laura Vigni, donna che è diventata un punto di riferimento di quella sinistra genuina ed impegnata che è, probabilmente, agli antipodi delle scelte politiche del candidato di centrodestra e che merita di essere valorizzata.
Possono essere gli uomini di Cenni e Piccini a spiegarci ancora come dovremmo fare cultura, visto che nelle loro stagioni di sindaco hanno perfino mortificato le capacità di alcuni validi assessori alla cultura? Io penso di no. Siena non si deve solo muovere, deve cambiare e deve farlo in fretta.
Oggi, più di prima, bisogna ripensare il progetto iniziale con un coinvolgimento più diretto e convinto di tutte le istituzioni cittadine e nazionali che si occupano di cultura, per trovare nuove risorse e nuovi interessi che possano dare all’antico spedale il ruolo che merita e che serve alla città, ai cittadini che fanno delle arti e delle culture anche un lavoro. Per prima cosa dovremo liberare la struttura dai costi fissi di funzionamento, più di un milione di euro l’anno, impiantando attività economiche, compatibili con la vocazione dell’antico spedale, che ci consentano di recuperare risorse da aggiungere a quelle provenienti dai bandi europei per rilanciare la proposta e la produzione culturale. Il Santa Maria deve diventare un punto di eccellenza internazionale nella produzione di cultura, innovativo e attrattivo, non solo un luogo di gran fascino da far vedere ai turisti. E’ questa la parte del progetto che nessuno dei precedenti sindaci è riuscito a sviluppare.
La candidatura di Siena a capitale europea delle cultura può rappresentare una grande occasione, a patto che si riesca a cambiare l’approccio mecenatistico, che sa di assistenzialismo, delle politiche culturali perseguite fino ad ora. Un cambiamento difficile da far digerire ad alcuni operatori del passato che nonostante i risultati fallimentari vorrebbero indicarci ancora la direzione da prendere. Ne sono un esempio le stupefacenti dichiarazioni di Marco Pierini che per giustificare un rocambolesco avvicinamento al candidato del centrodestra, Eugenio Neri, taccia me e chi mi sostiene di interessarci alla cultura solo in funzione del turismo. Forse si sta candidando ad essere il nuovo consigliere culturale del valido cardiochirurgo mio avversario al ballottaggio. Di certo Marco Pierini è portatore di una storia finita malamente, quella del Centro d’arte contemporanea “Le Papesse”. Un’idea suggestiva dell’ex sindaco Piccini, nata troppo grande ed insostenibile per le casse comunali e così morta dopo pochi anni perché troppo dipendente dalle disponibilità della Fondazione Mps. Proprio a Pierini fu dato, dal sindaco Cenni, il compito di rendere quel progetto sostenibile. Il Comune non poteva investire milioni di euro l’anno nell’arte contemporanea. Non ci riuscì e quella struttura continuò a costare ogni anno quanto quattro o cinque asili senza avere più la notorietà che ne caratterizzò la nascita.
Nelle condizioni in cui siamo oggi, a Siena e in Italia, quel modello è ancora più insostenibile. Dobbiamo essere in grado di attrarre risorse ed interessi se vogliamo produrre cultura e non solo distribuirla. Non è una scelta ma una necessità. La colpa di quella stagione, all’insegna del clientelismo della Fondazione, è che non ci ha lasciato niente di duraturo, niente che produca cultura, niente che aiuti agli artisti di Siena, come dimostra la brutta vicenda della sala “Lia Lapini”. Oggi ripartiamo da zero. Pierini invita a votare Neri pur essendo un sostenitore di Laura Vigni, donna che è diventata un punto di riferimento di quella sinistra genuina ed impegnata che è, probabilmente, agli antipodi delle scelte politiche del candidato di centrodestra e che merita di essere valorizzata.
Possono essere gli uomini di Cenni e Piccini a spiegarci ancora come dovremmo fare cultura, visto che nelle loro stagioni di sindaco hanno perfino mortificato le capacità di alcuni validi assessori alla cultura? Io penso di no. Siena non si deve solo muovere, deve cambiare e deve farlo in fretta.
Bruno Valentini, candidato sindaco per il Centrosinistra