Proliferano i cartelli che annunciano la cessazione dell'attività
di Augusto Mattioli
SIENA. Affittasi. Vendesi fondi. Chiuso per cessata attività. La crisi morde e si vede dai sempre più frequenti cartelli attaccati a vetrine di negozi ormai chiusi da tempo o da qualche giorno, Passando dal “chiuso per ferie” al “chiuso. E basta.
Un rapido giro della città consente di farci un’idea della situazione che il settore del commercio sta vivendo. Si chiude e ce lo hanno detto in molti, non solo perché le persone fanno meno acquisti ma anche perché affittare un fondo è molto caro e spesso i proprietari preferiscono tenerlo chiuso piuttosto che affittare a prezzi ridotti. Quelli che abbandonano l’attività sono i piccoli commercianti che non ce la fanno.
Secondo una ricerca della Confesercenti provinciale nei primi sei mesi di quest’anno sono sparite 103 imprese. Nelle imprese al dettaglio il saldo negativo è di 63 unità (111 chiusure, 48 aperture), mentre nelle strutture ricettive e pubblici esercizi il calo è di 40 unità (81 chiusure, 41 aperture). Ad evidenziare un andamento negativo sono in particolare il settore abbigliamento (-2,7 % nel numero di imprese, a fronte di una media toscana del – 2,1) e ortofrutticolo (-15%), con 4 cancellazioni nel capoluogo, pari a ben un quarto del totale residuo nel comparto a metà 2014.
In Camollia per anni è stato aperto un negozio che vendeva ottima carne. Un cartello avvisa della chiusura “per cessata attività” e chi la gestiva ringrazia, con una punta di rincrescimento, i clienti con i quali hanno lavorato. Camollia è una strana via. Si è trasformata grazie a giovani imprenditori nella via dei ristoranti, che hanno permesso di farla rinascere dopo un periodo di stagnazione. Bisogna tenere presente che grazie alla risalita meccanica della stazione oggi c’è molto passaggio di turisti che si fermano a mangiare quasi a tutte le ore.
L’aspetto negativo è che molti fondi sono chiusi da vari anni. E non sembrano esserci segnali che a breve qualcosa cambi in positivo. Negli ultimi tempi hanno chiuso due piccoli negozi. Quello del fruttivendolo Marino e quello del barbiere Omero, che era un luogo di aggregazione e di chiacchiere, dove si fermava anche Antonio Conte quando era il tecnico del Siena. Proseguendo verso il centro si vedono ancora saracinesche abbassate. In piazza Gramsci è in affitto il fondo dell’ex negozio Buffetti. Ha chiuso da tempo l’Irish Pub e anche il negozio di vestiti di Antonio De Gortes, che ha trasferito la sua attività in Banchi di Sotto. L’Irish bar era anche un luogo di attività musicali e quindi di aggregazione ma i gestori non ce l‘hanno fatta a reggere le elevate richieste del proprietario del fondo. Che può darsi venga di nuovo aperto visto che c’è una transenna che nasconde la zona.
Non sembra riaprire neanche il piccolo fondo in via Banchi di sopra utilizzato durante le elezioni comunali dalla lista 53100 sparita, come i suoi trasversali esponenti, dal panorama politico locale. Sembra che la richiesta del proprietario per un affitto del fondo si aggiri sui 10 mila euro al mese. Cifra non abbordabile da un piccolo imprenditore.
E’ desolatamente vuota in via Cecco Angiolieri l’aerea quasi di fronte alla chiesa della contrada della Civetta – tra l’altro – vicina all’ex albergo La Toscana. chiuso da anni.
Ci fermiamo per il momento qui. Facendo una considerazione. E’ vero che la crisi è generale ma sembra essere un dato di fatto che da parte dei proprietari dei fondi, spesso anche senesi che magari a parole sostengono di voler bene alla città, non sembra proprio che ci sia interesse ad affittare magari a prezzi più bassi degli attuali per poter far crescere il settore.
Obbligare magari non si può visto che siamo in un sistema economico che fa della legge della domanda e dell’offerta il suo credo primario. Ma magari far pagare maggiori tasse a chi tiene un fondo vuoto per anni sarebbe possibile? Il Comune in questo senso cosa può fare?
SIENA. Affittasi. Vendesi fondi. Chiuso per cessata attività. La crisi morde e si vede dai sempre più frequenti cartelli attaccati a vetrine di negozi ormai chiusi da tempo o da qualche giorno, Passando dal “chiuso per ferie” al “chiuso. E basta.
Un rapido giro della città consente di farci un’idea della situazione che il settore del commercio sta vivendo. Si chiude e ce lo hanno detto in molti, non solo perché le persone fanno meno acquisti ma anche perché affittare un fondo è molto caro e spesso i proprietari preferiscono tenerlo chiuso piuttosto che affittare a prezzi ridotti. Quelli che abbandonano l’attività sono i piccoli commercianti che non ce la fanno.
Secondo una ricerca della Confesercenti provinciale nei primi sei mesi di quest’anno sono sparite 103 imprese. Nelle imprese al dettaglio il saldo negativo è di 63 unità (111 chiusure, 48 aperture), mentre nelle strutture ricettive e pubblici esercizi il calo è di 40 unità (81 chiusure, 41 aperture). Ad evidenziare un andamento negativo sono in particolare il settore abbigliamento (-2,7 % nel numero di imprese, a fronte di una media toscana del – 2,1) e ortofrutticolo (-15%), con 4 cancellazioni nel capoluogo, pari a ben un quarto del totale residuo nel comparto a metà 2014.
In Camollia per anni è stato aperto un negozio che vendeva ottima carne. Un cartello avvisa della chiusura “per cessata attività” e chi la gestiva ringrazia, con una punta di rincrescimento, i clienti con i quali hanno lavorato. Camollia è una strana via. Si è trasformata grazie a giovani imprenditori nella via dei ristoranti, che hanno permesso di farla rinascere dopo un periodo di stagnazione. Bisogna tenere presente che grazie alla risalita meccanica della stazione oggi c’è molto passaggio di turisti che si fermano a mangiare quasi a tutte le ore.
L’aspetto negativo è che molti fondi sono chiusi da vari anni. E non sembrano esserci segnali che a breve qualcosa cambi in positivo. Negli ultimi tempi hanno chiuso due piccoli negozi. Quello del fruttivendolo Marino e quello del barbiere Omero, che era un luogo di aggregazione e di chiacchiere, dove si fermava anche Antonio Conte quando era il tecnico del Siena. Proseguendo verso il centro si vedono ancora saracinesche abbassate. In piazza Gramsci è in affitto il fondo dell’ex negozio Buffetti. Ha chiuso da tempo l’Irish Pub e anche il negozio di vestiti di Antonio De Gortes, che ha trasferito la sua attività in Banchi di Sotto. L’Irish bar era anche un luogo di attività musicali e quindi di aggregazione ma i gestori non ce l‘hanno fatta a reggere le elevate richieste del proprietario del fondo. Che può darsi venga di nuovo aperto visto che c’è una transenna che nasconde la zona.
Non sembra riaprire neanche il piccolo fondo in via Banchi di sopra utilizzato durante le elezioni comunali dalla lista 53100 sparita, come i suoi trasversali esponenti, dal panorama politico locale. Sembra che la richiesta del proprietario per un affitto del fondo si aggiri sui 10 mila euro al mese. Cifra non abbordabile da un piccolo imprenditore.
E’ desolatamente vuota in via Cecco Angiolieri l’aerea quasi di fronte alla chiesa della contrada della Civetta – tra l’altro – vicina all’ex albergo La Toscana. chiuso da anni.
Ci fermiamo per il momento qui. Facendo una considerazione. E’ vero che la crisi è generale ma sembra essere un dato di fatto che da parte dei proprietari dei fondi, spesso anche senesi che magari a parole sostengono di voler bene alla città, non sembra proprio che ci sia interesse ad affittare magari a prezzi più bassi degli attuali per poter far crescere il settore.
Obbligare magari non si può visto che siamo in un sistema economico che fa della legge della domanda e dell’offerta il suo credo primario. Ma magari far pagare maggiori tasse a chi tiene un fondo vuoto per anni sarebbe possibile? Il Comune in questo senso cosa può fare?