Su invito di Consob la banca aggiorna le comunicazioni sui derivati
di Red
SIENA. Intanto che il fuoco cova sotto la cenere ed i magistrati continuano alacremente il loro lavoro, si avvia a conclusione l’inchiesta sulla morte di David Rossi.
Nei giorni scorsi si sono presentati in Procura gli avvocati di Deutsche Bank, che – visto il trattamento riservato a Nomura – temoro per sequestri a loro carico e hanno cercato di tutelarsi. L’ipotesi-sequestro è tutt’altro che peregrina. La richiesta dei pm senesi è legata all’operazione Alexandria fatta con Banca Mps ed è analoga a quella fatta contro Nomura il 16 aprile per l’ operazione Santorini. Non è noto se Bundesbank condcederà a DB lo stesso trattamento riservato ai giapponesi, per i quali il sequestro è stato ritenuto non conforme all’ordinamento tedesco e pertanto rinviato. I magistrati senesi hanno quindi avviato la rogatoria internazionale e sono in attesa degli sviluppi. Non si sa quali siano stati gli eventuali accordi tra i legali di Deutsche Bank e la Procura di Siena. Secondo fonti vicine agli inquirenti per Santorini “esiste un analogo meccanismo di marginazione cash quotidiana anche se in misura molto, molto minore rispetto a quello di Alexandria”.
Nel caso dell’operazione di ristrutturazione di Alexandria – che prevedeva per Mps l’acquisto di Btp a 30 anni, la cessione del tasso fisso del 5% in cambio dell’euribor – l’obbligo di marginazione ha comportato un versamento calcolato in oltre 1,8 miliardi, cifra equivalente a quella che i magistrati senesi hanno disposto di sequestrare alla banca giapponese, congelando il contratto. Entrambe le operazioni sono legate ad acquisti di Btp a lunga scadenza per 5 miliardi circa, collegati a pronti termine a lunga scadenza con un obbligo di versare in contanti collaterale da parte del Monte.
Intanto Francesco Gaetano Caltagirone ha spiegato oggi come mai ha deciso di abbandonare la nave Mps; lo ha spiegato a margine dell’assemblea di Caltagirone Holding, rispndnedo ad una precisa domanda sul tema. Ecco quanto riporta Adnkronos: “A gennaio 2012 abbiamo avuto un’occasione unica”. La quotazione in Borsa di “B.Mps era scesa molto, mentre le altre 2 grandi banche italiane (Intesa Sanpaolo e Unicredit, ndr) erano scese molto meno. Improvvisamente però, il titolo Unicredit è sceso tantissimo per l’aumento di capitale e così ci siamo resi conto che vendendo Mps e prendendo Unicredit, il titolo avrebbe avuto molte più possibilita’ di rimbalzare rispetto a Mps”. “Unicredit era piu’ presente all’estero e ci siamo spostati su una banca “più presente all’estero. Le plusvalenze realizzate ci hanno dato ragione”, ha concluso. Queste le motivazioni alla base della sua scelta di disinvestire in Mps, nonché di dimettersi dalla carica di consigliere e di vicepresidente del cda Mps. A pochi mesi dallo scoppio della vicenda del Montepaschi. E con una corposa perdita, si presume, dato che nel gennaio 2o12 – data delle dimissioni – aveva in carico il 4,7% delle azioni, acquisite ad un prezzo compreso fra 0,8 e 1 euro per azione e rivendute quando il titolo in Borsa valeva appena 0,31 euro.
All’epoca si disse anche che Caltagirone aveva lasciato la banca, perché non c’era chiarezza sugli assetti azionari della banca: il maggiore azionista, la Fondazione,con in carico un debito di 950 milioni di debiti, dovette vendere circa il 15% del titolo per ripagare le banche creditrici.
E a proposito di crediti e debiti, banca Monte dei Paschi – su richiesta di Consob – he aggiornato le informazioni a precisazione di quanto riportato nel comunicato stampa del 27 giugno 2012, nel comunicato stampa del 6 febbraio 2013 e nella Relazione Finanziaria pubblicata in data 5 aprile 2013. Cllicca qui per il testo integrale.
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