I correttivi al bilancio erano contenuti nella normativa sul piano di rientro
SIENA. Il pronunciamento della Corte dei Conti sullo stato dei bilanci dell’Università di Siena sta avendo forte impatto sulla coscienza collettiva. A livello informativo, come ha espressamente affermato il Rettore Riccaboni, aggiunge poco o nulla alla situazione già nota. Tuttavia, la posizione della Corte dei Conti è stata utile e necessaria a mettere ancora più in risalto quanto “indicato dal Collegio dei Revisori dei Conti dell’Ateneo nell’esprimere il parere obbligatorio al bilancio 2013”.
BILANCI 2011 E 2012: IL PASSIVO AUMENTA. La Corte dei Conti ha certificato al di là di ogni possibile dubbio che negli esercizi 2011 e 2012 i bilanci dell’Università hanno conosciuto una crescita del deficit rispettivamente di 8,1 e 6 milioni di euro. In altre parole, dopo la voragine nei conti scoperta nel 2008, l’Ateneo ha continuato a produrre debito nonostante da MPS giungessero dagli 8 ai 9 milioni annui.
LA MANCANZA DI RIMEDI PREVENTIVI. Tuttavia, prima di lasciar scivolare l’Università verso un iter fatto di enormi sacrifici per i lavoratori, gli organi amministratori avrebbero potuto prendere spunto dai contenuti del Decreto Legislativo n. 199/2011. E’ la norma che disciplina la redazione del piano di rientro. Non parla solo di mobilità coatta per il personale non docente, scenario che adesso preoccupa decine di lavoratori Unisi, ma impone anche di valutare l’opportunità di corrispondere o meno la retribuzione di risultato ai dirigenti. Inoltre, la legge prevede anche la “revisione e razionalizzazione dell’offerta formativa e delle sedi universitarie decentrate, anche attraverso processi di mobilità sia dei professori e ricercatori, sia del personale tecnico-amministrativo”. In altre parole, gli amministratori dell’Ateneo avrebbero potuto prendere spunto dalle indicazioni contenute nella procedura di dissesto prima di giungere all’avvio d’ufficio della procedura stessa. Come è stato affrontato il problema strutturale principale che è il personale? Ci sono state iniziative concrete per agevolare la mobilità volontaria verso altri Enti con azioni incentivanti riguardanti tutto il Personale compreso quello docente? E’ infatti, conoscenza diffusa di come alcuni insegnamenti non siano più giustificabili in rapporto ai numeri in calo degli studenti iscritti. E’ evidente che affrontare il problema della mobilità in tempo utile sarebbe stata un’equa strada da seguire. Soprattutto sapendo che, di fronte ad una imposizione di Legge, il rischio che i sacrifici ricadano sui soggetti più deboli è scontato, come abbiamo visto con la Cooperativa Sociale di Solidarietà.
I CONTRATTI CON PERSONALE ESTERNO. Un altro spunto chiave da trarre dall’art. 8 del Decreto Legislativo n. 199/2011 riguarda i contratti stipulati dall’Università con docenti esterni. Si legge nel testo: “razionalizzazione degli insegnamenti previsti nell’offerta formativa dell’ateneo con pieno utilizzo del personale docente in servizio e senza oneri aggiuntivi rispetto al normale trattamento stipendiale limitando, altresì, l’attribuzione di contratti d’insegnamento retribuiti a personale non appartenente ai ruoli dell’ateneo ai soli casi essenziali al regolare svolgimento delle attività didattiche”. Peccato che, come rilevato dalla Corte dei Conti, “nel 2011 la spesa per contratti di prestazione d’opera è passata da una previsione iniziale di 842 mila euro ad un importo effettivo di 3,153 milioni (+274%)”. Su questa voce, rilevano i magistrati, “appare necessario monitorare la voce degli incarichi esterni”.
RIDUZIONE DEI COMPENSI. Infine l’ultimo e spinoso problema. Nel pluricitato Decreto Legislativo n. 199/2011 è compresa anche un’altra indicazione, ovvero la “riduzione di compensi, gettoni, retribuzioni o altre utilità ai componenti del consiglio di amministrazione e degli organi collegiali comunque denominati”. Tutti spunti, quelli estrapolati dalla normativa sul dissesto, che avrebbero potuto evitare l’aggravarsi della situazione dei bilanci dell’Università. Sarebbe stata buona norma dare l’esempio eliminando l’indennità prevista per il Rettore (istituita dalla fine degli anni 90) e ridurre considerevolmente il compenso per il Direttore Amministrativo (oggi al massimo previsto dalla Legge).
Questi provvedimenti, lo ricordiamo, sono contenuti nella legge che disciplina la redazione del piano di rientro. Quindi saranno avviati d’ufficio qualora la Corte dei Conti rilevi il dissesto dell’Ateneo. Tuttavia, avrebbero potuto costituire una cura ai bilanci già malati dell’Università di Siena, scongiurando così certamente l’avvio della procedura di dissesto.
Non vogliamo mettere in dubbio la buona volontà nelle azioni intraprese fino ad oggi. Tuttavia, adesso è indispensabile agire con maggiore coraggio e con il coinvolgimento consapevole di tutto l’Ateneo per conformare nuovamente la nostra Università all’immagine che possedeva in campo nazionale ed internazionale. Un prestigio ancora vivo, anche se minacciato dal dissesto, grazie al valore del lavoro svolto in questi ultimi anni difficili. Il fattore tempo è la chiave per disinnescare i rischi di ulteriore degenerazione e per non sprecare altre occasioni.
Eugenio Neri
Baricentro Civico