La nostra provincia segna la migliore performance grazie ad una quota inferiore all'8,5 per cento di aziende ad alto rischio
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TOSCANA. Le imprese toscane mostrano un livello di affidabilità potenziale superiore sia alla media nazionale sia alla media del Centro Italia, pur facendo registrare un peggioramento dal 2008 ad oggi. Nello specifico, a fine dicembre 2012, infatti, il 9,31% delle imprese toscane (nel 2008 erano il 6,2% del totale) presentava un’alta rischiosità di generare insoluti commerciali nei confronti dei propri fornitori nei 12 mesi successivi. Al contempo, solo il 6,46% delle imprese attive in regione si distingueva per un basso livello di rischiosità (ma nel 2008 era ben superiore, pari al 10,64%, la percentuale di imprese totalmente affidabili). Il 48,2% delle imprese, invece, si caratterizzava per una rischiosità media e il restante 36,03% per una rischiosità medio – bassa.
È quanto emerge dall’Osservatorio sulla rischiosità commerciale realizzato da CRIBIS D&B, società del Gruppo CRIF specializzata nelle business information, che analizza il grado di affidabilità delle imprese italiane e la loro capacità di fronteggiare gli impegni presi nei confronti dei propri fornitori, con la conseguente probabilità di generare insoluti commerciali nei 12 mesi successivi.
Entrando nel dettaglio, le imprese della Toscana mostrano un livello di alta rischiosità potenziale inferiore sia alla media nazionale, che si posiziona all’11,26%, sia a quella del Centro Italia (12,88%) Al contempo, in regione la percentuale di imprese che si distinguono per una bassa rischiosità prospettica si è attestata al 6,46% del totale, contro una media del Centro pari al 5,44% e al dato nazionale, fermo al 6,08%
Le province
Dalla rilevazione di fine 2012, è la provincia di Massa–Carrara ad evidenziare la maggior criticità con un livello di imprese ad alto rischio che supera il 12% a fronte di una quota con bassa rischiosità inferiore al 5%. Al contrario, sono rispettivamente Siena e Grosseto a mostrare le migliori performance, grazie ad una quota inferiore all’8,5% di imprese con elevata rischiosità potenziale e superiore all’8% di bassa rischiosità.
Nel dettaglio, la classifica delle province a elevata rischiosità vede al primo posto Massa–Carrara con il 12,25% del totale, la percentuale più alta in regione, seguita da Livorno (10,24%), Lucca (10,02%), Pistoia (10%), Prato (9,21%), Pisa (9,11%), Firenze (8,77%), Arezzo (8,62%) ed infine Grosseto (8,51%) e Siena (8,33%).
Per quanto riguarda la classifica in termini di bassa rischiosità potenziale, invece, la migliore performance spetta a Siena con l’8,71% di imprese potenzialmente affidabili, seguita da vicino da Grosseto con l’8,05%. Vengono poi Arezzo (6,9%), Firenze (6,68%), Pistoia (6,15%), Pisa (5,95%), Prato (5,88%), Livorno (5,7%), Lucca (5,58%) e, in ultima posizione, Massa – Carrara con appena il 4,75% di imprese a bassa rischiosità.
Il trend
Dall’analisi comparata degli ultimi 5 anni emerge un sostanziale peggioramento della rischiosità commerciale in Toscana, con le imprese inserite nella fascia a massima rischiosità che passano dal 6,2% del totale di fine Dicembre 2008 al 9,31% di Dicembre 2012. Inoltre, nel medesimo periodo la percentuale di imprese caratterizzate da una bassa rischiosità potenziale è sensibilmente scesa, passando dal 10,64% del 2008 al 6,46% di fine 2012.
in particolare, le province di Lucca e Firenze (che da sola esprime circa il 26% delle imprese attive in regione) mostrano i trend più negativi. Dal 2008 ad oggi le imprese lucchesi ad alta rischiosità potenziale sono aumentate dal 6,3% al 10,02% mentre quelle fiorentine sono passate dal 5,23% di cinque anni fa al 8,77% attuale. Al contempo, le imprese di queste due province mostrano un peggioramento del livello di rischiosità bassa che quasi si dimezza, passando rispettivamente dal 10,91% al 5,58% e dall’11,55% al 6,68%.
Al contrario, la provincia di Grosseto è quella che evidenzia le minori variazioni: la percentuale di imprese a bassa rischiosità è passata dal 9,30% del 2008 all’8,05% di oggi, mentre quelle ad alta rischiosità dal 7,05% all’8,51%.
Nella sostanza, l’analisi di CRIBIS D&B mette in evidenza come, a 5 anni dall’inizio della crisi, le difficoltà delle imprese toscane non siano state ancora superate, con un peggioramento sia per la categoria a bassa sia per quella ad alta rischiosità potenziale.
“Nel complesso, i dati complessivi che abbiamo rilevato a fine 2012 confermano l’impressione generale di un contesto economico ancora rischioso e, soprattutto, più ‘fluido’, cioè maggiormente caratterizzato da cambiamenti repentini, sia a livello di controparti (clienti e fornitori), sia a livello di andamento di mercato – illustra Marco Preti (in foto), Amministratore Delegato di CRIBIS D&B -. Basti pensare che, nel corso del 2012, in Italia 1 insoluto grave su 4 è provenuto da clienti con un’anzianità superiore ai 5 anni, quindi da clienti storici che si pensava di conoscere bene e su cui di solito le imprese sono molto esposte sia come valore della fornitura, sia come tempi di pagamento”.
“Le imprese però stanno reagendo a questa delicata situazione nell’unico modo possibile, cioè investendo in nuove procedure di gestione del portafoglio clienti, nuove politiche commerciali per la definizione dei termini di pagamento e nuovi strumenti per acquisire tempestivamente le informazioni e per la gestione dei crediti insoluti. Interventi non a costo zero, ma che renderanno le imprese più forti – aggiunge Preti -. Del resto è sempre più determinante conoscere meglio le imprese con le quali si fanno affari e adottare un’efficace politica di gestione del rischio di credito commerciale che, attraverso strumenti adeguati, consenta di individuare i segnali che vengono dal mercato e dalla propria clientela. In particolare, è fondamentale gestire e monitorare efficacemente i comportamenti di pagamento dei propri clienti, che rappresentano la fotografia più affidabile dello stato di salute di un’impresa”.
“Per fornire risposte concrete in questo scenario ancora caratterizzato da una grande incertezza, CRIBIS D&B investe costantemente nella qualità delle informazioni e in soluzioni, come CRIBIS.com e CRIBIS iTRADE Lab, che consentono alle imprese di semplificare le loro operazioni quotidiane e di sfruttare al meglio l’enorme patrimonio informativo che viene messo a loro disposizione” – conclude Preti.
Nota metodologica
L’analisi è stata realizzata tramite l’utilizzo dei modelli di score di CRIBIS D&B che misurano la probabilità che una impresa possa generare insoluti commerciali nei 12 mesi successivi il periodo di osservazione. Nello specifico, il modello di CRIBIS D&B – applicato su tutte le imprese (società di capitali, di persone e ditte individuali) attive in Italia al 31/12/2012 – ordina le singole imprese su una scala da 1 a 100: 100 rappresenta la minore probabilità di generare insoluti, 1 la maggiore probabilità. Partendo da questo punteggio vengono identificati i diversi cluster. Nel modello di CRIBIS D&B vengono utilizzate numerose variabili quali Informazioni anagrafiche sull’impresa, Indici di bilancio, Comportamenti di pagamento nei confronti dei propri fornitori, Informazioni negative (quali ad esempio protesti e fallimenti), Forma giuridica, Area geografica e Anzianità aziendale.
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