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SIENA. Un anno di indagini penali e fiscali hanno permesso alla Guardia di Finanza di concludere un’importante operazione di polizia economico-finanziaria. Ci sono volute ben dieci verifiche fiscali con perquisizioni presso le abitazioni per ricostruire la maxi evasione.
L’attività ispettiva è scaturita da un ordinario controllo ad un gruppo societario operante nel settore radiotelevisivo. L’abilità dei finanzieri ha permesso di individuare alcuni indizi di pericolosità fiscale: diverse società del gruppo non solo versavano poca Iva rispetto alle poste di bilancio, ma portavano in dichiarazione anche redditi vicini allo zero a fronte di frequenti ed ingenti movimenti di capitale infragruppo.
I finanzieri hanno così deciso di analizzare con cura le complesse operazioni infra-gruppo per rilevare gli eventuali trucchi contabili ideati per frodare il fisco. Inizialmente sono state sfruttate le peculiarità e l’appeal di alcune società che avevano acquisito nel tempo le concessioni per delle frequenze televisive da irradiare in zone poco coperte. Per cui, tale avviamento, inteso come diritto di uso e di preuso di impianti per la propagazione del segnale, è stato, in seconda battuta, ceduto ad importanti network nazionali.
Dall’analisi minuziosa del gruppo societario riconducibile sempre al medesimo soggetto, è emerso che questi si avvaleva di “teste di legno” spesso quasi centenarie, messe a capo di società senesi sempre nuove ed in continua espansione fino ad arrivare al numero di ben quaranta società, che realizzavano operazioni infragruppo del tutto fittizie, assistite da fatture false per un valore pari a circa quattro milioni di euro al fine di ottenere indebiti risparmi d’imposta o abbattimenti di utile riportando perdite artificiose.
Ed è così che le prescrizioni fiscali sono state completamente disattese non solo perché non vi sono stati versamenti Iva, ma anche per la scorretta imputazione delle plusvalenze che sono state spalmate in più esercizi pur non ricorrendone i presupposti prescritti dalla legge.
Il fine di tale operazione di riciclaggio interno era quello di risparmiare indebitamente delle imposte e rinvestire i guadagni nel settore dell’edilizia turistica in Sardegna che, al momento, è una fetta di mercato considerata più remunerativa di quella dell’interscambio di frequenze radiotelevisive.
Ma le condotte fraudolente non si sono fermate qui in quanto i finanzieri hanno sfruttato in pieno l’orientamento prevalente della Corte di Cassazione secondo cui l’Amministrazione finanziaria non è tenuta a considerare gli atti posti in essere dal contribuente per conseguire un vantaggio d’imposta ed impone allo stesso di fornire la prova dell’esistenza di ragioni giuridiche economiche alternative a sua discolpa. Dinanzi a tali comportamenti viene contestato la violazione che va sotto il nome di “abuso di diritto”, concetto da tempo diffuso in ambito comunitario.
Attuando tale principio è stato rilevato come in un caso il gruppo societario ha cercato di mascherare,tenendo un comportamento apparentemente conforme alla legge, una cessione di un ramo d’azienda di valore pari a più di un milione di euro, mediante il conferimento ad un nuovo soggetto, per poi rivendere nuovamente le quote societarie ad valore nominale molto più basso, con il fine ultimo di risparmiare imposta ed occultare redditi imponibili derivanti da tale complessa operazione.
Varie quindi le tecniche elusive individuate in questa indagine che ha coniugato la componente tecnico tributaria a quella tipicamente investigativa esaltando così la complementarietà dei ruoli rivestiti dalla Guardia di Finanza.
L’operazione ha infatti consentito non solo di recuperare significative somme sottratte all’erario, ma anche di denunciare all’Autorità giudiziaria cinque soggetti per aver emesso e utilizzato fatture per operazioni inesistenti e per aver omesso di presentare le prescritte dichiarazioni dei redditi ovvero per averle presentate in modo non rispondente al vero.
L’attività ispettiva è scaturita da un ordinario controllo ad un gruppo societario operante nel settore radiotelevisivo. L’abilità dei finanzieri ha permesso di individuare alcuni indizi di pericolosità fiscale: diverse società del gruppo non solo versavano poca Iva rispetto alle poste di bilancio, ma portavano in dichiarazione anche redditi vicini allo zero a fronte di frequenti ed ingenti movimenti di capitale infragruppo.
I finanzieri hanno così deciso di analizzare con cura le complesse operazioni infra-gruppo per rilevare gli eventuali trucchi contabili ideati per frodare il fisco. Inizialmente sono state sfruttate le peculiarità e l’appeal di alcune società che avevano acquisito nel tempo le concessioni per delle frequenze televisive da irradiare in zone poco coperte. Per cui, tale avviamento, inteso come diritto di uso e di preuso di impianti per la propagazione del segnale, è stato, in seconda battuta, ceduto ad importanti network nazionali.
Dall’analisi minuziosa del gruppo societario riconducibile sempre al medesimo soggetto, è emerso che questi si avvaleva di “teste di legno” spesso quasi centenarie, messe a capo di società senesi sempre nuove ed in continua espansione fino ad arrivare al numero di ben quaranta società, che realizzavano operazioni infragruppo del tutto fittizie, assistite da fatture false per un valore pari a circa quattro milioni di euro al fine di ottenere indebiti risparmi d’imposta o abbattimenti di utile riportando perdite artificiose.
Ed è così che le prescrizioni fiscali sono state completamente disattese non solo perché non vi sono stati versamenti Iva, ma anche per la scorretta imputazione delle plusvalenze che sono state spalmate in più esercizi pur non ricorrendone i presupposti prescritti dalla legge.
Il fine di tale operazione di riciclaggio interno era quello di risparmiare indebitamente delle imposte e rinvestire i guadagni nel settore dell’edilizia turistica in Sardegna che, al momento, è una fetta di mercato considerata più remunerativa di quella dell’interscambio di frequenze radiotelevisive.
Ma le condotte fraudolente non si sono fermate qui in quanto i finanzieri hanno sfruttato in pieno l’orientamento prevalente della Corte di Cassazione secondo cui l’Amministrazione finanziaria non è tenuta a considerare gli atti posti in essere dal contribuente per conseguire un vantaggio d’imposta ed impone allo stesso di fornire la prova dell’esistenza di ragioni giuridiche economiche alternative a sua discolpa. Dinanzi a tali comportamenti viene contestato la violazione che va sotto il nome di “abuso di diritto”, concetto da tempo diffuso in ambito comunitario.
Attuando tale principio è stato rilevato come in un caso il gruppo societario ha cercato di mascherare,tenendo un comportamento apparentemente conforme alla legge, una cessione di un ramo d’azienda di valore pari a più di un milione di euro, mediante il conferimento ad un nuovo soggetto, per poi rivendere nuovamente le quote societarie ad valore nominale molto più basso, con il fine ultimo di risparmiare imposta ed occultare redditi imponibili derivanti da tale complessa operazione.
Varie quindi le tecniche elusive individuate in questa indagine che ha coniugato la componente tecnico tributaria a quella tipicamente investigativa esaltando così la complementarietà dei ruoli rivestiti dalla Guardia di Finanza.
L’operazione ha infatti consentito non solo di recuperare significative somme sottratte all’erario, ma anche di denunciare all’Autorità giudiziaria cinque soggetti per aver emesso e utilizzato fatture per operazioni inesistenti e per aver omesso di presentare le prescritte dichiarazioni dei redditi ovvero per averle presentate in modo non rispondente al vero.