ROMA. In Italia campus e residenze universitarie mettono a disposizione circa 50 mila posti. Briciole rispetto al numero degli iscritti ad un corso di istruzione superiore, che sono un milione e 800 mila. Copriamo solo il 2,7 per cento del totale. Agli altri non resta che rimanere a casa di mamma e papà, oppure infilarsi nel tunnel delle stanze ammobiliate, che poi vuol dire affitto in nero ed evasione fiscale. Guardare cosa succede negli altri Paesi europei è avvilente.
In Gran Bretagna il college non riguarda solo le élite di Oxford e Cambridge ma uno studente su tre: coprono il 29 per cento della popolazione universitaria. In Francia sono al 16 per cento, in Germania al 12, in Spagna all'8 per cento. Non c'è paragone con noi e non è solo questione di numeri. Le residenze universitarie sono democratiche. La retta è più economica di un affitto e apre le porte delle università anche a chi non può campare sulle spalle dei genitori. Sono tanti se si pensa che un figlio che studia fuori sede costa intorno ai 12 mila euro l'anno. Oltre che democratici i campus sono un'ottima materia di studio. Vivere da soli, cucinare, lavare, fare la spesaè il modo migliore per imparare ad organizzare il proprio tempo. Ed organizzare il proprio tempo è una delle cose più importanti nella formazione del lavoratore del domani. A chi ha imparato un libro a memoria, e dopo sei mesi ha dimenticato tutto, le aziende preferiscono chi sa risolvere problemi. E vivere da soli è un'ottima palestra per imparare a farlo.
Forse con questo nobile obiettivo, nel 2000 l'Italia ha lanciato un piano straordinario che avrebbe dovuto portare nel giro di quattro anni a raddoppiare il numero dei posti letto. Ebbene, di anni ne sono passati otto e quel piano voluto dall'allora ministro dell'Università Ortensio Zecchino si è concluso con un mezzo fallimento. I posti non sono raddoppiati ma cresciuti del 20 per cento e siamo sempre in fondo alla classifica europea. Da 42 mila siamo arrivati a 50 mila. Non solo. La crescita effettiva potrebbe essere in realtà inferiore perché buona parte dei nuovi posti letto, pur realizzati, non sono ancora utilizzabili. Insomma, dopo otto anni i posti in più davvero disponibili sarebbero 1.950, un ancora più misero 5 per cento.