ROMA. I professionisti del pallone hanno un rischio sensibilmente maggiore di ammalarsi di sclerosi laterale amiotrofica. Lo indica uno studio condotto dal professor Chiò delle Molinette di Torino su calciatori di serie A e B, un rischio 6,5 volte maggiore rispetto alle persone normali. Lo ha ricordato Nicola Vanacore, epidemiologo all'Istituto Superiore di Sanità, uno dei massimi esperti italiani di Sla, o morbo di Gehrig, tornata alla ribalta dopo la drammatica confessione dell'ex calciatore Stefano Borgonovo, costretto all'immobilità dalla malattia. È proprio di Vanacore l'altro dei due soli studi scientifici italiani sul rapporto epidemiologico tra Sla e calciatori, e i risultati non avevano lasciato dubbi: secondo i suoi dati (che avevano considerato anche i calciatori di serie C), il rischio di mortalità per un calciatore è di 11,5 volte in più.
LE CAUSE – Ma quali sono le ragioni di questa frequenza? «Tutte le ipotesi si equivalgono – ha dichiarato Vanacore – dai microtraumi al doping, dai pesticidi sul campo all'uso di antinfiammatori. Noi stiamo seguendo la pista degli integratori alimentari, ma ci vorrà del tempo». La Sla, insomma, resta terribile ma misteriosa: porta alla degenerazione progressiva del sistema nervoso, inibendo man mano la capacità di muoversi ,poi di deglutire, di parlare, di respirare. «Si dovrebbero investire soldi sulla ricerca scientifica – sottolinea Vanarelli – indagando i fattori di rischio, i modelli animali, e così via. Non solo per i calciatori, ovviamente, ma per i 2.500 malati di Sla in Italia. Spero che su questo tema si faccia ricerca anche a prescindere dalla magistratura».