La sede di Siena ospita da 5 mesi i profughi

SIENA. Da Rifondazione Comunista Siena riceviamo e pubblichiamo.
Dal 10 novembre, ormai quasi 5 mesi fa, un gruppo di giovani pakistani (Circa 35) vive all’interno della nostra sede di Rifondazione Comunista a Siena.
Cinque mesi passati tra mura che non erano nate per ospitare esseri umani in cerca di rifugio, abbandonati all’incuria e alla strada da una città, dove le istituzioni preposte sono rimaste completamente sorde, costringendo queste persone a rifugiarsi al freddo della strada.
Sede che, entro qualche settimana, dovrà necessariamente essere resa nuovamente agibile e sgomberata costringendo, ancora una volta, questi esseri umani a ritrovarsi d’innanzi ad un labirinto fatto da istituzioni sorde, da burocrazia indecifrabile e da tempi d’attesa che, certe volte, divengono eterni.
Lo Stato, le istituzioni, le autorità competenti, tutte, hanno voltato lo sguardo.
Hanno lasciato quei ragazzi soli derubando loro della dignità e noi dei nostri spazi politici e di confronto.
Questi ragazzi non sono numeri.
E invece cosa hanno trovato qui?
L’inerzia. La burocrazia. Il cinismo e la sordità di una città che sembra immobile d’innanzi ad un bisogno primario.
Le autorità, che avrebbero dovuto garantire accoglienza, tutela, integrazione, si sono rese complici di una delle pagine più amare di questa città.
L’immobilismo della prefettura unito al gioco delle responsabilità rimpallate, dei “non compete a noi”, del silenzio istituzionale.
Come se fosse normale che dei ragazzi dormano per terra e come se fosse accettabile che l’unica forma di accoglienza reale venga da un partito politico, da volontari (SiSolidal e Misericordia in primis), da cittadini indignati.
Non ci stiamo a lasciar passare il messaggio che chi fugge dalla guerra, dalla miseria, dalla persecuzione, debba essere trattato come un peso, come un problema da nascondere sotto il tappeto.
Lo gridiamo forte: lo Stato, le istituzioni e questa città hanno fallito!
Perché la dignità negata a uno solo è una ferita per tutti.
A questi ragazzi dobbiamo molto più di un letto e un pasto caldo.
Non è carità quella che chiediamo. È diritto.
Non è eroismo quello che serve. È responsabilità.
E allora oggi, in procinto del 25 aprile e di scendere in piazza, chiediamo
alle autorità locali, al prefetto, alla regione, al governo: dove siete?
Noi comunisti non ci fermeremo.
Ed è per tale motivo che, in maniera ferma e decisa, desideriamo chiedere un incontro ufficiale al sindaco e al prefetto della nostra città, affinchè, finalmente, sia data una risposta chiara e definitiva, che ponga un termine a questa già precaria situazione.
Perché la solidarietà non è un gesto. È un dovere.
E noi non abbiamo avuto paura di compierlo”.