Iantorno: “Ceccuzzi e la voglia di raccontare”

"Ci narri dei venti anni in cui molte delle scelte politiche sono passate da lui"

SIENA. In questi giorni ho ricevuto messaggi da amici, che mi hanno segnalato come Franco Ceccuzzi in una iniziativa pubblica, dove raccontava la sua assoluzione per i fatti della vicenda del crack del Pastificio Amato, abbia citato la mia recente elezione in Direzione Comunale, come segno del mancato rinnovamento nel Pd! A suo dire, l’essere stato negli anni dal 2006 al 2011, consigliere comunale di Rifondazione Comunista mi qualifica come ferrovecchio del Pd (!), al quale sono iscritto solo da due anni. Nella ricostruzione un po’ confusa di Ceccuzzi, sarei uno che ha preso parte alle decisioni di quegli anni, decisioni che Siena e il partito senese stanno ancora oggi pagando.
Forse la prorompente felicità per l’assoluzione in procura dopo 4mila giorni – mi rallegro per lui, in un paese civile la giustizia deve essere celere – gli ha obnubilato la memoria, che pure ricordo assai precisa e puntuale. Non immaginavo che da umile consigliere comunale di Rifondazione potessi aver condizionato le decisioni e indirizzato importanti vicende cittadine.
Evidentemente il mio peso specifico era nettamente maggiore a quello che quotidianamente percepivo dai commenti suoi e della sua parte politica dell’epoca. Non mi si filavano proprio.

Ricordo bene, però, che per la mia critica all’acquisto di Banca Antonveneta, per il mio “no” all’ampliamento di Ampugnano, per il mio impegno contro la esternalizzazione del Santa Maria della Scala e per le mie posizioni contro i generosi compensi ad amministratori di partecipate di poco interesse per i senesi, ma molto interessanti per certi gruppi di senesi con sponsor, ai tempi, assai importanti – solo per fare qualche esempio – ero poco gradito ai vertici politici del nascente Partito Democratico di cui Ceccuzzi sarebbe stato segretario cittadino e poi sindaco.
Ceccuzzi fa bene a sottolineare la mancanza di profili penali a suo carico, visti i ruoli rilevanti che ha avuto nelle vicende di Siena dal 1993 fino al 2013. Venti anni in cui molte delle scelte politiche sono passate da lui o anche da lui. Che fossero passate anche da me mi sorprende, ma sono lusingato del riconoscimento di cotanta importanza! Personalmente reputo la sua assoluzione – alla quale ho sempre creduto – una buona cosa anche per quelli che con lui hanno fatto politica. Io stesso nel 2011 da consigliere comunale uscente del Partito della Rifondazione Comunista ho sostenuto la candidatura di Ceccuzzi a sindaco, partecipando alla sua campagna elettorale, nonostante un pezzo di sinistra gli fosse contrario.

Poiché sono un inguaribile ottimista, voglio immaginare questa voglia di raccontare di Ceccuzzi come un’occasione per la città, per i senesi di capire – finalmente! – cosa è successo in quegli anni che hanno cambiato il destino e la storia di Siena.

È vero, tutta la città – di ogni parte politica e associativa – era arroccata nella difesa della “banca”. Il famoso “polo aggregante”, che non doveva “essere aggregato ma aggregare”. Tutti dietro alla muraglia del 51% della banca in mano alla “nostra” Fondazione. L’abbaglio fu collettivo e ne paghiamo ancora le conseguenze.

Quindi ben venga l’operazione verità che l’ex-onorevole richiede. Però secondo me, la storia vera dovrebbe cominciare a raccontarla chi era davvero protagonista in ruoli e scranni importanti di quegli anni. Cominci lui, magari assieme a Giuseppe Mussari, a raccontarci cosa è davvero successo. Allora sì che sarà credibile nella sua richiesta di verità. In fondo è stato deputato nella XV (dal 2006 al 2008) e nella XVI Legislatura (dal 2008), in alcuni degli stessi anni perfino segretario cittadino del partito e poi sindaco di Siena fino a metà 2012.

Franco Ceccuzzi, che viaggiava fra il Parlamento a Roma e la segreteria di Siena, ci può cominciare a dire chi e perché spingeva dalla Capitale, fra politica e alta finanza per acquistare Antonveneta. Oppure se decise in beata solitudine – fatto assai improbabile – il suo grande amico Mussari, una notte e per uno sghiribizzo, così giusto per provare l’ebbrezza di investire 9 miliardi di euro in un colpo solo: la puntata più alta della storia delle acquisizioni bancarie italiane. Ci racconti, ora che si è liberato della vicenda penale, come e chi del partito di maggioranza relativa o di altri partiti in città, ha spinto per scelte che hanno condannato Siena a una storia diversa.

Se davvero vuole fare chiarezza e vuole avviare una discussione seria, pacata e matura per capire il peso delle responsabilità politiche e morali di chi in quel periodo storico “guidava” Siena, inizi per primo a rispondere a queste domande. Faccia un atto di generosità verso questa città che attende dal 2008 – 17 anni – di sapere cosa è successo davvero e perché.

Non competeva alla magistratura stabilire la realtà dei fatti, ma solo accertare se fossero stati commessi reati o meno. Appurato che non ve ne sono, ora chiedo a Ceccuzzi: cosa sa delle scelte che hanno cambiato il destino di Siena? Lui lo chiede al Pd, io credo sia necessario chiederlo prima a lui. Senza fare processi, ma solo per cercare di capire.
Ha davanti una grande occasione e anche più niente da temere, visto che non vuole fare più politica. Ci aiuti lui per primo, a fare i conti da ex politico con un pezzo di storia, anche tragico per Siena, avvolto da nebbie e zone d’ombra. Vedrà che poi altri lo seguiranno, chissà… forse perfino il grande assente di questa vicenda: Giuseppe Mussari.

Così potrà aiutare la città e il Partito Democratico che nelle ultime due amministrative ha pagato pesantemente gli errori e i silenzi di chi – come lui – ha guidato le scelte per la città.
Visto che sono stato fuori dai partiti dal 2011, ma amo la mia città quanto amo la verità, sono sicuro che, se Ceccuzzi ci aiuta a rispondere queste domande potrà anche aiutare realmente chi cerca, oggi, di costruire un nuovo PD, rinnovato e capace di ripartire con dignità senza sempre dover abbassare gli occhi per quelle responsabilità politiche che nella vulgata popolare “hanno rovinato Siena”. Non è giusto lasciare un tale stigma nelle mani di chi negli ultimi dieci anni si è avvicinato a questo Partito e ci mette la faccia tutti giorni per tentare di ricostruirlo.

Rodari in un bellissimo libro racconta di un paese dove la menzogna e le bugie sono così radicate tanto che la verità è una malattia. Siena merita la verità ed è anche per questo che con un gruppo di persone nuove mi sono iscritto al Partito Democratico cittadino. Ero critico e sono rimasto tale. Passare per uno che contava e decideva il futuro della città è un falso storico che non posso accettare.

Mi prendo le mie responsabilità per aver appoggiato la candidatura a sindaco di Ceccuzzi e il suo programma elettorale. Ho sbagliato, capita purtroppo nella vita e per questo errore ho lasciato la politica attiva per più di dieci anni, perché gli errori – nella mia etica – si devono pagare. Vediamo quanti altri sono disposti a fare altrettanto. Siena deve ritornare a essere il paese della verità e non il paese delle bugie di rodariana memoria.
Fiorino Pietro Iantorno