I democratici senesi si interrogano sulle scelte interne nel post-Commissario. E le posizioni sono differenti

Riceviamo e volentieri pubblichiamo da Simone Vigni, esponente cittadino del Partito Democratico
“Chiariamo subito un punto: la questione sollevata da Franco Ceccuzzi non riguarda il ruolo di Fiorino Iantorno nelle vicende politiche e amministrative di Siena, né il peso specifico che poteva avere come consigliere comunale di Rifondazione Comunista. Il punto sollevato da Ceccuzzi è un altro: con quale coerenza il Pd di oggi decide chi è “vecchio” e chi è “nuovo”? Ammesso che sia corretto e utile distinguere fra “vecchio” e “nuovo”.
Iantorno, nel suo lungo intervento, si concentra molto nel respingere l’idea che possa essere stato parte attiva nelle decisioni politiche che hanno segnato Siena in quegli anni. Ma qui non si tratta di questo. Non si discute se avesse voce in capitolo sulle scelte di allora, né se abbia avuto un ruolo nelle decisioni strategiche dell’amministrazione cittadina. Il tema è un altro: perché il Pd commissariato decide che alcuni esponenti della vecchia classe dirigente devono essere tenuti ai margini del partito, mentre altre figure – che comunque hanno avuto un ruolo nella politica di quegli anni – vengono considerate parte del rinnovamento?
Quello che sostiene Ceccuzzi, e per questo chiama in causa Iantorno, è il doppio metro con cui il Pd post- Commissario ha valutato chi è “vecchio” e chi è “nuovo”. Punto e basta.
C’è poi un altro elemento che emerge dalla risposta di Iantorno e che merita attenzione: il riferimento alla Segretaria cittadina Rossana Salluce. Iantorno afferma di essersi confrontato con lei prima di scrivere il suo intervento, questo è confermato da una mia conversazione avuta con la Segretaria, (che oltretutto si è espressa in modo molto infastidito dall’assunto di Iantorno), ma questo potrebbe suggerire che le parole di Iantorno siano in qualche modo espressione di una posizione condivisa. La segretaria, poi, ha chiarito – anche se solo nella chat del Pd – che il colloquio è avvenuto solo per verificare se ci fosse una risposta ufficiale del partito, che non ci sarebbe stata. Tuttavia, il fatto che questa precisazione sia arrivata dopo, lascia il dubbio che nel Pd cittadino si sia comunque ritenuto opportuno lasciare spazio a questa posizione, senza prendere una qualche distanza.
Ora naturalmente è diritto di Iantorno dire ciò che ritiene opportuno. Certo è, come cercheremo di spiegare, che la sua posizione appare assai diversa da quella del segretario provinciale, ad esempio. E il fatto che sia rimasta l’unica ha lasciato il sospetto che in qualche modo meritasse un confronto. Perché forse a suo modo rappresenta la risposta di quella parte del Pd cittadino che potremmo chiamare gli ambasciatori in loco (pretoriani?) del Commissario Sarracino. Quel commissario che aveva come obiettivo “tutti dentro tranne il Ceccuzzi”, ma su questo aspetto ci sarà occasione per approfondire.
E qui arriva il punto centrale della questione: Iantorno insiste molto nel ribadire di non avere nulla di personale con Ceccuzzi, e anzi di essere felice della sua assoluzione, cosa sulla quale dice di non aver mai avuto dubbi. Tuttavia, sembra non cogliere pienamente il significato politico di un dato di fatto innegabile: nessun esponente del PCI/PDS/DS/PD è stato condannato per le vicende che hanno segnato Siena. Questo è un punto che meriterebbe di essere sottolineato con forza, perché significa che il giudizio su quella stagione non può essere scaricato sulla magistratura, ma deve essere affrontato come una questione tutta politica.
E qui emerge la vera domanda: il Partito Democratico senese ha mai affrontato fino in fondo un’analisi critica su quelle scelte? Se gli errori commessi non erano di natura penale, allora restano responsabilità politiche da analizzare e da comprendere. Invece, il Pd senese sembra oscillare tra due atteggiamenti opposti: da un lato, prende le distanze da chi ha avuto ruoli di responsabilità in quegli anni, quasi a voler recidere ogni legame con il passato; dall’altro, accoglie nel proprio organigramma figure che all’epoca erano comunque presenti sulla scena politica, anche se in altri schieramenti.
Il tema quindi non è la ricostruzione storica di quegli anni – che certamente sarebbe utile – ma la coerenza con cui oggi il Pd cittadino decide chi può far parte del rinnovamento e chi invece viene considerato un retaggio del passato. È proprio questo doppio metro che Ceccuzzi mette in discussione.
Iantorno rivendica il suo passato di critica alle scelte politiche dell’epoca, dalle vicende di Banca Antonveneta all’ampliamento di Ampugnano, dall’esternalizzazione del Santa Maria della Scala alla gestione delle partecipate. Ma poi ha sostenuto la candidatura a sindaco di Ceccuzzi e ha partecipato alla sua campagna elettorale. E oggi è membro della Direzione Comunale del Pd. È legittimo chiedersi, dunque, in base a quale criterio si stabilisca chi è il “nuovo” e chi è il “vecchio”.
Se davvero si vuole aprire un confronto serio su quegli anni e sulle responsabilità politiche, allora bisogna partire da un punto fermo: la magistratura ha assolto tutti, quindi il tema è tutto politico. Ceccuzzi ha aperto un tema scomodo, ma necessario: senza un’assunzione di responsabilità politica su quegli anni, il Pd senese continuerà a essere ostaggio delle proprie contraddizioni. E questo è un problema che va ben oltre il caso personale di Fiorino Iantorno.
Simone Vigni