Riuscita interpretazione di Cirillo ai Rozzi

di Giulia Tacchetti
SIENA. Molto impegnativo il lavoro drammaturgico di Cirillo che, per raccontare Don Giovanni, guarda al testo di Molière ed al libretto di Da Ponte, dimostrando una profonda conoscenza dei testi, una seria preparazione che inizia frequentando l’Accademia Nazionale d’Arte Drammatica di Roma, supportata da un’inaspettata, per la maggior parte del pubblico, gavetta.
Don Giovanni come Don Chisciotte ha trovato un tale consenso nella letteratura nazionale ed internazionale da diventare un mito dal fascino mai interrotto nel tempo. Ci troviamo di fronte ad un uomo fuori dalle regole, senza freni morali, che esaudisce i suoi desideri di potenza, soprattutto sessuali nei confronti delle donne, ma di volta in volta forzato a rapportarsi con il padre, con il soprannaturale e la punizione divina. Cirillo interpreta Don Giovanni (lo spettacolo dura un’ora e tre quarti) con forza, ma anche leggerezza, accennando passi di danza, senza nulla togliere al suo cinismo ed immoralità. Però ce lo rende affascinante, perché capace di tutto, senza mai pentirsi dei suoi misfatti.
Ci sono momenti in cui l’attore sembra rappresentare l’uomo di oggi, quando soprattutto fa l’elogio dell’ipocrisia, “cambia la maschera, ma dentro c’è la solita canaglia”.
Infatti, durante l’incontro con il pubblico, precedente all’ultima replica a cui si riferisce questa recensione, il regista ha ribadito di non volere realizzare un teatro “archeologico”.
Lo spettacolo si muove su stili diversi dal comico, preso dal testo di Molière, al drammatico, che proviene in parte dal testo di Da Ponte, ma anche dalla musica di Mozart, la tragedia finale. Si alternano prosa, poesia, musica. Molto interessante la decisione di recitare parti del libretto operistico, come dice il regista, “recitare cantando”: “Là ci darem la mano…”. Cirillo nel suo adattamento si rapporta alla musica di Mozart con dei richiami e degli arrangiamenti di Mario Autore. Evidente l’intenzione di non rifare l’opera lirica.
Dentro alla rappresentazione c’è un po’ di tutto: il teatro tradizionale, il teatro all’”italiana”, che si diverte ad attraversare generi e stili, il teatro visionario, quello napoletano di De Filippo. Cirillo e Don Giovanni: quanto l’uno è entrato nell’altro? Pensiamo che l’attore abbia voluto non solo sperimentare portando nel teatro di prosa un libretto nato per la lirica, ma abbia voluto raccontare qualcosa di sé. Durante l’incontro con il pubblico ha confermato questo pensiero, dicendo che è da poco tempo che ha capito il perché della scelta sul Don Giovanni. Pensiamo che spesso, ma non sempre, gli attori si servono dei loro personaggi per raccontare se stessi.
In scena Giacomo Vigentini, Giulia Trippetta, Irene Ciani (interpreta due personaggi), Francesco Petruzzelli (interpreta quattro personaggi), Rosario Giglio (due personaggi) molto applauditi per la loro interpretazione e padronanza nella gestualità e movimenti. E’ risultata molto convincente e, quindi gradita, l’interpretazione di Giacomo Vigentini di Sganarello, la voce della coscienza, l’alter ego di Don Giovanni.
Che dire di Cirillo? Potrebbe essere lui l’erede del teatro classico. Ci ha colpito in certi momenti, anche in quelli più tragici, ad esempio l’invito a cena con la statua-morte, una certa ironia nella voce, come se nella vita tutto fosse un “mistero buffo”. Notevoli i costumi di Gianluca Falaschi, bianco e nero con un tocco di rosso e le scene di Dario Gessati.