Francesco Burroni prtagonista il 14 ottobre alle 21 nell'Area Verde di Camollia

L’osteria è stata per secoli il luogo principe della cultura popolare. Uno spazio sostanzialmente laico e antitetico alla cultura religiosa e a quella dei ceti sociali più abbienti, dove ci si incontrava per bere, mangiare, giocare, cantare ma soprattutto per stare insieme, dando valore a quella socialità naturale degli esseri umani che si è sempre sviluppata al di là di credi e ideologie di qualsiasi tipo. Per secoli il vino, e la cultura del dionisiaco, hanno costituito allo stesso momento o una fuga dalla realtà o il mezzo per rendere più poetica la vita. Nell’osteria, tra ubriacature, bestemmie e invettive contro il governo, la cultura popolare esprimeva anche tutta la sua ricchezza fatta di canti e di poesia, canti di vino, di guerra, di anarchia, di anticlericalismo ma anche raffinati canti d’amore in forma di serenate, strambotti, stornelli ecc..
Lo spettacolo parte dalla tesi di laurea imperniata sulla ricerca diretta dal vivo condotta da Francesco Burroni verso la fine degli anni ’70 all’Università degli studi di Siena con il prof. Pietro Clemente e la consulenza del prof. Alessandro Falassi. Dal vinaio senese Cafiero vennero raccolti centinaia di canti e melodie spesso molto diversi dal repertorio della tradizione popolare toscana oggi conosciuto che si è invece prevalentemente formato sulla diffusione che ne è stata fatta a partire degli anni ’70 con il fenomeno del folk revival.
Lo spettacolo propone i canti alternandoli a racconti, aneddoti, ricette che ci danno un quadro insieme aspro, poetico e ironico della cultura popolare toscana che aveva nello spazio e nell’ambiente umano dell’osteria una delle sue maggiori espressioni.