A Pontedera clandestini con regolare residenza?
PONTEDERA (Pisa) – Residenza anche ai clandestini? Nella città della Vespa, che è diventata anche città dell’accoglienza – dove addirittura la Polizia Municipale è stata dotata di due unità operative di polizia giudiziaria, un capitano e un ispettore, per occuparsi degli stranieri, che opera in sinergia con altri tre funzionari messi a disposizione, con lo stesso scopo, dal commissariato della Polizia di Stato e, che a sentire gli uffici interessati, sarebbero in sotto organico per la mole di lavoro che devono svolgere quotidianamente – sembra che non sia facile trovare i clandestini, anche se hanno una “regolare” residenza. I clandestini, soprattutto se “pericolosi” dovrebbero essere espulsi, ma…
A chiedere, per risolvere l’enigma, nei vari e più disparati uffici del Comune non è facile, avere risposte precise è più difficile. Se questi clandestini non hanno il permesso di soggiorno o sono stati ritirati loro i documenti, come possono continuare ad essere iscritti regolarmente come residenti e vivere, al contempo, come fantasmi?
Un caso per tutti: oltre due mesi fa, un cittadino aveva chiesto, avendone diritto, per posta certificata, all’ufficio anagrafico, chiarimenti sulla residenza di un extracomunitario, il quale, secondo le informazioni, era senza il permesso di soggiorno da oltre un anno, in quanto gli era stato negato il rinnovo. L’individuo, ben conosciuto anche dalla Polizia Municipale, sembra, a sentire i vicini di casa, a tutt’oggi senza documenti, ma residente a Pontedera a poche decine di metri dal Municipio. Incredibile ma vero. Vi sono particolari necessità giudiziarie o disposizioni perché questo avvenga? Non è dato di sapere.
Nel limbo della clandestinità, con la confusione discrezionale che vige nell’interpretare la legge e le disposizioni europee, per sapere quale è il comportamento giusto da tenere per rimpatriare i clandestini “pericolosi” per la collettività, sembra che ognuno si arrangi come meglio crede. “Operare” un rimpatrio, per il costo, i tempi e quant’altro che richiede l’operazione, è estremamente impegnativo per tutta la burocrazia conseguente che ne deriva. E la volontà, se solo di volontà si tratta, non sempre è sufficiente.
In un’Italia dell’accoglienza, mascherata troppe volte dall’ipocrisia e dal finto buonismo, dove ora è diventato disdicevole anche usare la parola “extracomunitario”, come ha affermato un giudice, perché discriminante e avvilente per lo straniero, tutto, e il contrario di tutto, è possibile.
Presto bisognerà che anche a Siena si decidano a correre il palio dell’Assunta di Ferragosto in notturna, dopo il tramonto, per solidarietà e rispetto al ramadan. Gli italiani, non di colore, si chiameranno diversamente neri, il Vinitaly cambierà nome in Acquitaly, per non urtare la sensibilità dei musulmani che aborrono il vino, e la vendemmia finirà per essere fatta di contrabbando. L’ospitalità è sacra. Ci mancherebbe altro, ma costa!
Ma visto che siamo in un momento di crisi e di tagli: quanto costano in euro, uomini e mezzi, nel bilancio di un comune, tutte le spese per l’accoglienza, gli uffici particolari per l’immigrazione, l’identificazione, i rimpatri, l’assistenza, il contrasto alla clandestinità per il lavoro in nero, per lo spaccio, per la prostituzione che ormai vede questi reati in mano a specifiche nazionalità che si spartiscono le “particolarità” e il territorio?
Per uguaglianza con i cittadini italiani, sarebbe giusto tagliare un po’ di spese anche qui. O solo gli italiani hanno il dovere di fare sacrifici perché sono “diversamente”… e basta.
Un modo, anche questo, per far nascere, anche dove non c’è, la xenofobia, che fa tanto comodo a qualcuno.
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