SIENA. Ha ragione da vendere la signora Delia del negozio di abbigliamento di Via Simone Martini, quando parla di una crisi sistemica del commercio, soprattutto quello fisico. Una questione complessa, che a nostro modesto parere si inserisce in un quadro poco allettante per il futuro della nostra città e del nostro Paese.
Generalmente sono due i settori che vedono meno la concorrenza del commercio on-line: gli alimentari e il vestiario. Per ovvi motivi: i vestiti vanno indossati, valutati anche al tatto, e i limiti del Web non riescono ancora a colmare le esigenze fisiche dell’acquirente. Se la crisi del commercio nel settore vestiario è arrivata anche a Siena, forse i motivi sono da ricercare anche in altri elementi. E la signora Delia dimostra di averlo capito, quando dice, testualmente: “Non trovo più merce di qualità, gli ingrossi ormai si spostano dalla regione, ma soprattutto dall’Italia”.
Impossibile non leggere un parallelo con la crisi del potere d’acquisto che sta investendo il nostro Paese, con salari fermi al palo, erosi da una inflazione che non accenna a placarsi. Dai costi dell’energia sempre più alti, che aumentano i costi di produzione dei beni con conseguente aumento dei prezzi, non più sopportabili dai consumatori.
Crediamo di non dire niente di strano: basta fare un giro nei negozi per vedere i costi della merce aumentati e non di poco. Aumenti dei costi non compensati dall’aumento degli stipendi, con la naturale conseguenza che i consumatori si spostano verso scelte più economiche (e spesso di bassa qualità). Per il vestiario come per gli alimentari. In questo mesto contesto, purtroppo nazionale, si aggiunge l’atavica scarsa dinamicità del mercato senese, in cui il commercio è sempre stato limitato per diversi motivi, tra cui non possiamo ignorare quello squisitamente politico del mantenimento delle rendite di posizione.
Uno scarso dinamismo, unito a costi di esercizio mediamente più alti, anche a causa degli affitti non proprio economici, che, necessariamente, si riversano sul costo finale dei prodotti, portandoli spesso e volentieri “fuori mercato”, con i clienti che scelgono di acquistare online a prezzi inferiori.
Sentiamo spesso parlare di qualità, ma la qualità costa e con la stagnazione degli stipendi, sempre meno persone possono permettersela. Anche a Siena, dove sono ormai finiti i bei tempi dei buoni stipendi.
Le scelte politiche, purtroppo, presentano sempre il conto. Spesso, a fronte di scelte sbagliate e poco lungimiranti, il conto rischia di essere molto salato. A chi toccherà pagarlo?
Siena Pirata