Pinassi: "Abbiamo il 40% di perdite nell
Di Max Brod
SIENA. “Quando si riesce a mettere insieme forze politiche differenti su argomenti come questo, scriviamo una nuova pagina della politica”. Così Andrea Borgna (Comitato Acqua Bene comune) commenta la nascita dell’intergruppo consiliare ”Acqua Bene Comune” presentato oggi a Palazzo Berlinghieri, e formato dai consiglieri Laura Vigni di Sinistra per Siena, Michele Pinassi e Mauro Aurigi del Movimento Cinque stelle, Enrico Tucci dei Cittadini di Siena, Pasquale D’Onofrio e Alessandro Cannamela di Sel; uno dei tanti gruppi che stanno nascendo nel Paese – come il gruppo parlamentare recentemente messo insieme da M5S e una parte di PD e Scelta Civica – per difendere il parere espresso dagli italiani nel referendum sull’acqua del 2011 e ripubblicizzare l’acqua, eliminando il concetto di profitto dalla gestione di questo bene primario.
Tutto parte dal referendum, quando col “sì”, gli italiani votano per l’abrogazione della remunerazione di capitale: il profitto annuo garantito per i soci delle SpA che gestiscono l’acqua. Dopo l’espressione del voto, nella più classica delle (peggiori) tradizioni italiane, la remunerazione di capitale non viene abolita, e gli utenti continuano a pagare in bolletta un “premio produzione” non legato ad alcun risultato aziendale, ma semplicemente dovuto. Si ricorre allora al Tar, che ad aprile 2013 dà ragione agli utenti: “Il concetto di remunerazione del capitale – si legge nella sentenza – è “travolto” dalla volontà popolare abrogatrice”. La storia potrebbe felicemente concludersi qui, e invece no. La remunerazione – sostiene Acqua Bene Comune – è stata recentemente reintrodotta nella “tariffa-truffa” elaborata dall’Autorità per l’Energia Elettrica e il Gas, tariffa che obbliga il Comitato ad una nuova battaglia, da oggi sostenuta anche dall’intergruppo consiliare senese.
Ma alla questione della tariffa-truffa si aggiunge una seconda manovra, che sa di beffa: l’Autorità Idrica Toscana decide di risarcire gli utenti dell’Acquedotto del Fiora che per oltre due anni (dall’esito del referendum a oggi) hanno pagato in bolletta un remunerazione illegittima. La cifra iniziale calcolata per il 2011 risulta di quasi 4 mln di euro, ai quali però vengono sottratte perdite su crediti, costi finanziari e costi fiscali, arrivando così alla cifra di 128mila euro che, spiega Laura Vigni, diviso per il numero di utenti del Fiora, fa 37 centesimi di euro a testa: “Una cifra irrisoria” ribadisce la consigliera.
“Abbiamo il 40% di perdite nell’acquedotto e questi vogliono fare una diga sul Merse”. Così Pinassi centra un altro obiettivo dell’integruppo: impegnare il Sindaco affinché in sede di conferenza dei Sindaci (ex-Ato 6) e assemblea dell’Autorità Idrica Toscana, venga riconsiderato il grandioso piano di investimenti che prevede la mega-diga sul Merse (già respinta trent’anni fa dalle popolazioni locali) e un’“autostrada dell’acqua” da realizzare nel Sud della Toscana. Un piano che graverebbe, quasi per intero, sulle bollette dei cittadini e che sembra sfarzoso rispetto ad una rete idrica che ancora ha molte perdite, a causa delle delle quali – spiega Fiorenza Bettini (Comitato Acqua Bene Comune) – la Comunità Europea ci farà pagare nel 2015 multe salatissime.
L’intergruppo vuole poi impegnare il Sindaco e il Consiglio Comunale alla ripubblicizzazione dell’Acquedotto del Fiora, Società per azioni al 40% privata e al 60% pubblica, della quale il Comune di Siena detiene il 13%. Nella società, che ha il merito di non dividere i suoi utili (sui quali comunque si pagano le tasse), ma di reinvestirli al 100%, Borgna intravede comunque un dannoso strapotere decisionale dei soci privati, affermando che in pratica “comandano loro”. La sfida della ripubblicizzazione è impegnativa, ma non impossibile, soprattutto se si pensa al caso di Napoli: recentemente diventata “capitale dell’acqua pubblica” dopo aver trasformato la sua ARIN (Azienda Risorse Idriche Napoli), una SpA a totale capitale pubblico, in ABC (Acqua Bene comune) Napoli, un Ente di Diritto Pubblico.
Al centro del progetto infine, c’è anche la volontà di contrastare l’accentramento regionale dei servizi pubblici locali (acqua, rifiuti, trasporti etc.), per restituire ai territori, e alle loro rappresentanze, il potere di decidere in merito a questi servizi. Una azione fondamentale per Tucci, che commenta: “Sono molto spaventato da queste società di servizi che sono diventate centri di potere a sé stanti, e privi di controllo. Abbiamo creato un mostro che mina il concetto stesso di democrazia”.
Conclude l’incontro Alessandro Cannamela: “Vogliamo aprire un tavolo di confronto con la Regione, che Rossi ha annunciato più volte, ma che non è mai partito, per dare luogo a un processo di ripubblicizzazione”. Il consigliere di Sel si augura infine una partecipazione del resto della maggioranza, e dell’opposizione, anche perché, come dichiarato da uno dei membri dell’intergruppo: “Allo stato attuale Valentini è un sostenitore di questo sistema”.