Enzo Martinelli propone una soluzione per "svecchiare" l'ente dai residui del Duemila
SIENA. Quando all’inizio del secolo Emilio Giannelli svolgeva il ruolo di Direttore Generale della Fondazione Monte dei Paschi di Siena, il patrimonio dell’ente oscillava tra i 7 e i 9 miliardi di euro, ora ridotti a poco più di 500 milioni, cifra tutt’altro che trascurabile, ma che ovviamente produce redditi annuali (anche in tempi in cui la Borsa sale) del tutto imparagonabili con quelli del “tempo andato”.
Eppure chi legge i programmi di attività presentati dalla Fondazione rimane sbalordito per la pluralità, l’ampiezza e la sistematicità degli impegni che l’Ente si propone di svolgere. La somma per finanziare il tutto è preventivata in ciascun esercizio in circa 7 milioni di euro. Un percorso “concertato” che, almeno finora, è stato apprezzato da tutte le sigle partitiche e civiche che animano (ma solo nella fase elettorale) la vita politica della città. Si tratta di un miracolo: fare tante cose con pochi soldi e mettere d’accordo tutti in un ambiente litigioso, che però su Palazzo Sansedoni trova “armonia”.
Sta di fatto che la Fondazione nelle sue “bardature ambientali e burocratiche”, nelle ritualità (paliesche e non) oltre che nei costi di esercizio, è rimasta pressappoco quella dei primi anni Duemila. Meno senesizzata, apparentemente meno condizionata dai partiti politici e molto meno munifica, è sempre benefica nei confronti dei propri amministratori. Non a caso il prestigio, il ruolo e l’attrazione a occupare gli incarchi nella Fondazione sono rimasti inalterati, anche se le somme da distribuire annualmente sono diventate scarse. Per fare improprie comparazioni, le annuali elargizioni della Fondazione sono circa la metà della somma iscritta nel bilancio del Comune di Siena per gli introiti per le contravvenzioni al codice della strada, oppure la metà di quelle elargite dalla piccola Fondazione Cassa di Risparmio di Pistoia e sono imparagonabili con i 50 milioni di euro distribuiti annualmente dalla vicina (una volta lontana) Cassa di Risparmio di Firenze.
Proprio per le limitate risorse a disposizione, ci si potrebbe interrogare se alla Fondazione convenga, per l’avvenire, proseguire “sulla condivisa concertazione” della distribuzione a ventaglio delle poche somme disponibili, oppure se, sburocratizzando l’Ente, dismettendo partecipazioni in società, mettendo a reddito alcuni spazi, riducendo le attività interne e quindi aumentando le disponibilità economiche, convenga concentrare gli utili soltanto in tre o quattro significativi grandi progetti sui quali la città ed il suo territorio possano puntare per costruire un futuro migliore. Fermo restando che il prioritario comune obbiettivo rimane la tutela, la conservazione e, se possibile, l’aumento del patrimonio della Fondazione, sul resto sarebbe utile avviare una discussione tra quanto rimane dei raggruppamenti che, nell’ultima consultazione dichiararono di farsi concorrenza sulle futuribili idee per l’elezione del sindaco.
Enzo Martinelli (*)
(*) ex consigliere comunale