MILANO. L’Associazione Nazionale Editoria di Settore esprime sconcerto e grande preoccupazione per la proposta di modifica dell’imposta sui “servizi digitali”, (cd. Web Tax, disciplinata dall’art. 4, comma 36 della L. 30 dicembre 2018, n. 145) come prevista nella bozza della Legge di Bilancio 2025, che estende la misura anche alle piccole e medie imprese.
Mentre l’intero comparto editoriale versa in una situazione di profonda crisi strutturale e chiede al Governo interventi a sostegno del settore, si propone di estendere la “Web Tax” a tutte le imprese che generano ricavi da servizi digitali, inclusa “la veicolazione di pubblicità tramite siti-web”, qualunque sia l’attività svolta. Nel caso di testate e di altri prodotti editoriali online, che vivono di pubblicità, basta ospitare una inserzione sul proprio sito per essere soggetti a tassazione. Gli introiti pubblicitari oggetto della Web-Tax, nella misura del 3%, costituiscono la principale, se non l’unica fonte di ricavi degli editori di settore, già soggetti al pagamento delle di imposte ordinarie.
La Web Tax era stata istituita per ricavare gettito fiscale dai colossi del web, che possono sfuggire a tassazione attraverso un’organizzazione transnazionale – ricorda ANES -. A questo scopo, era stato introdotto un limite minimo di ricavi digitali per l’applicazione dell’imposta pari a 750 milioni di euro a livello globale e di 5,5 milioni in Italia: la ratio della norma era di riequilibrare le condizioni di mercato, in cui convivono editori che operano su base nazionale e colossi multinazionali del web, questi ultimi non sempre soggetti a una effettiva e proporzionata imposizione fiscale in Italia.
L’ingiustificato ampliamento dell’applicazione di questo tributo straordinario a tutte le imprese digitali, senza più riferimento al giro d’affari, pare contraria alle intenzioni dichiarate dal legislatore. Gli editori italiani sarebbero infatti soggetti a una doppia e iniqua tassazione che porterebbe, come risultato, all’inasprimento delle disparità economiche rispetto ai grandi operatori del web e all’indebolimento del comparto dell’editoria in Italia, già minato dalla crisi.
ANES invita quindi il Governo a correggere questa distorsione, reintroducendo una soglia quantitativa idonea ad intercettare il gettito dei grandi gruppi multinazionali, inclusi quelli che sino ad oggi sono riusciti ad evitare l’applicazione di criteri su base territoriale, escludendo però le aziende di ridotta dimensione. Se ciò non fosse possibile, chiede quanto meno un intervento interpretativo dell’Agenzia delle Entrate finalizzato a qualificare i “servizi digitali” in modo da escludere il comparto dell’editoria.