"L'Abi insiste sul costo del lavoro pro.capite..."
” In occasione dell’incontro previsto per il 16 ottobre tra sindacati ed ABI, quest’ultima – con il consueto tempismo già mostrato in analoghe occasioni – ha anticipato un’analisi svolta da propri esperti secondo la quale le Banche sarebbero in grave sofferenza, non potendo più conseguire “adeguati margini di guadagno”.
Tra i motivi indicati come causa per la perdita di profitti, ABI cita la rarefazione della concessione di prestiti alle imprese ed alle famiglie e, ancora una volta, pone l’accento sul costo del lavoro pro-capite che, rispetto alla media europea, sarebbe più elevato di ben 14.100 euro. In particolare, tale costo si attesterebbe a circa 77 mila euro, collocandosi – quindi – subito dopo l’analogo dato denunciato dalle banche tedesche.
Poiché, al contrario, è dato incontrovertibile, in base all’analisi delle retribuzioni contrattuali vigenti, che la stragrande maggioranza dei lavoratori del settore appartenenti alle Aree professionali ed ai Quadri direttivi percepiscono retribuzioni nemmeno lontanamente vicine a quelle “indicate” dall’Associazione datoriale, invitiamo ABI a chiarire l’impatto che hanno sul dato medio citato (77 mila euro) i costi dei compensi elargiti al management, ai consulenti e, soprattutto, a fornire i dati del costo del lavoro divisi per Aree professionali, Quadri direttivi e Dirigenti, precisando – infine – l’importo dei pagamenti effettuati al di fuori delle previsioni contrattuali (assegni ad personam, incentivi, bonus, ecc).
Sarebbe quindi auspicabile che ABI presentasse alla stampa ed all’opinione pubblica dati meno generici e più omogenei, che diano la misura reale del costo dei lavoratori, commisurato anche alla diversa misura fiscale e previdenziale vigente nelle diverse nazioni, e non dimenticando – anche – che la stessa Banca d’Italia, in recenti interventi, ha puntato più volte il dito proprio sugli spropositati compensi percepiti dal top-management del settore credito.
Diversamente ogni statistica assume il valore dato da Trilussa in un suo celebre sonetto”.