Dalle indagini sull'acquisto di Antonveneta verità sconvolgenti?
di Red
SIENA. A volte è strano come cambia il vento. Siena la bella era in testa a tutte le classifiche, la sua banca un modello che faceva incetta di premi… il coro benevolo di quanti approvavano le azioni del top management di Rocca Salimbeni unito e compatto, dai politici ai media. Al punto che nessuno ha trovato niente da ridire che un indagato, probabilmente prossimo al rinvio a giudizio per la vicenda Aeroporto di Ampugnano (l’udienza si terrà il 19 ottobre), come Giuseppe Mussari fosse indicato a un secondo biennio di presidenza Abi. Ora tutti si sono avventati sull’osso dal spolpare: tutti parlano del Monte dei Paschi e della sua (triste) “storia italiana”. Annunciando scoop con notizie pubblicate da mesi…
Anche in banca qualcosa però è cambiato. Il nuovo Amministratore Delegato Fabrizio Viola, nell’assemblea straordinaria del 9 ottobre, ha dichiarato infatti che la festa delle sponsorizzazioni è finita: “Già da quest’anno abbiamo iniziato ad aggredire tutte le voci che erano libere da accordi contrattuali e andremo avanti con i contratti che vanno a scadenza. Posso garantire che ci sarà un approccio molto rigoroso e duro nel tagliare questo genere di spese che la banca in questo momento non si può permettere. Mi rendo conto che questo nei prossimi mesi porterà un altro tipo di problemi ma vi assicuro che vista la necessità che abbiamo di fare sacrifici, li faranno pesantemente anche i soggetti all’esterno della banca”.
Un “liberi tutti” preceduto di pochi giorni dall’inizio del processo Brontos che vede anche il nuovo presidente di MPS Alessandro Profumo imputato nel banco degli accusati per frode finanziaria. Si prevede l’esplosione di una questione morale nelle prossime settimane dall’esito incerto, visto che oggi Il Giornale se ne è uscito con lo scoop che vuole ancora Mussari indagato nell’affaire Antonveneta, iscritto nel registro degli indagati, e già oggetto di perquisizione domestica nel maggio scorso. Sembra che giovedì la Guardia di Finanza sia ritornata a Palazzo Sansedoni per acquisire nuovi documenti. Per ora l’azione della magistratura si ritiene circoscritta al fresh da un miliardo emesso a finanziamento dell’operazione, ma non si esclude che da cosa nasca cosa: “Manipolazione del mercato e ostacolo alle funzioni delle autorità di sorveglianza”. E così, di domenica mattina, se ne sono usciti tutti con la notizia a fare cassa di risonanza: gli intrecci tra politica e informazione sono tutti da circoscrivere, raccontare e decifrare. Ne verrà fuori uno spaccato di malcostume toscano e nazionale che non mancherà di far riflettere.
Secondo il racconto de Il Giornale, gli inquirenti si muoverebbero nella ricostruzione della vicenda Antonveneta con molti fondamentali punti in comune con quanto da questo giornale, dapprima tacciati come fantafinanza e poi sempre più seguiti, andiamo scrivendo da quasi due anni. Pare infatti che le indagini abbiano raggiunto il livello politico-burocratico che poteva autorizzare – solo lui – Mussari e Vigni a quelle operazioni altrimenti irrealizzabili. Assieme ad Anna Maria Tarantola, presidente Rai e nel 2007 funzionario generale di Bankitalia sarebbe stato ascoltato in qualità di persona informata sui fatti il ministro dell’Economia Vittorio Grilli, a quel tempo direttore generale del Tesoro (il ministro Padoa Schioppa nel frattempo ci ha lasciati). Poiché l’operazione Antonveneta si perfezionò nel corso del 2008, cose interessanti le potrebbe raccontare anche il Ministro dell’Economia che in quell’anno entrò in carica, Giulio Tremonti. E, per ultimo ma non meno interessante, l’ex presidente di Consob Lamberto Cardia: tutti costoro avevano il potere di fermare il massacro di Siena che si andava annunciando forte e chiaro. E non l’hanno fatto.
Il Giornale accosta il sovrapprezzo pagato da Mussari a Botin alla nascita in quegli stessi giorni – in un mare di debiti pregressi che nessuno voleva portarsi dietro – del Partito Democratico; e la fretta che assalì il presidente di Rocca Salimbeni tanto da non fargli prendere alcuna precauzione (così che gli spagnoli gli confezionarono il “pacco” che tutti conosciamo) fosse legata a altre necessità pecuniarie che non la salvaguardia del beneamato Monte. D’altra parte la stampa nazionale ha ricordato nel giugno scorso come i DS, partito che non esiste più, abbiano ancora quest’anno debiti per 156 milioni di euro (dati del bilancio firmato dal tesoriere Ugo Sposetti), la proprietà di 2.399 immobili e 49 persone a libro paga. Lo stesso Sposetti, in una lettera al Corriere della Sera datata 30 novembre 2007, scriveva: “nel 2001, all’atto del mio insediamento come tesoriere dei Ds, ho trovato un’esposizione di 580 milioni di euro”. Di un partito che, senza una attività economica che gli portasse guadagno, di soldi ne ha spesi una infinità negli anni seguenti.