SIENA. Da Cravos Sena riceviamo e pubblichiamo.
“Il 10 agosto 2024 Yuleisi Ana Manyoma Casanova è stata brutalmente uccisa nel suo appartamento a Siena, aveva solo 33 anni. Il suo ex marito è attualmente indagato per omicidio volontario, aggravato dalla relazione affettiva.
La morte di Yuleisi non è solo un altro tragico evento ma un duro promemoria della natura pervasiva e mortale della violenza contro le donne. Questa tragedia deve spingerci a confrontarci con la dura realtà che Siena, come molte altre città, manca di servizi pubblici e gratuiti necessari per proteggere adeguatamente le donne. Molte donne, come Yuleisi, si trovano intrappolate in relazioni violente senza alcun supporto. Per le donne immigrate la situazione è ancora più drammatica. Yuleisi, una donna colombiana e madre, è stata costretta a vivere in un ambiente ostile e isolata da una rete vera di sostegno che avrebbe potuto salvarle la vita.
A Siena il centro antiviolenza “Donna chiama donna” esiste dal 1997 per offrire accoglienza, ascolto e sostegno alle donne che subiscono violenza. Il centro opera interamente grazie al volontariato, con operatrici formate e aggiornate. I fondi che riceve dagli enti pubblici sono appena sufficienti a coprire le spese per mantenere attivo il centro, lasciando ben poco per sostenere le donne in difficoltà.
Questo è inaccettabile. La mancanza di finanziamenti e risorse adeguate non solo rende difficile il lavoro delle operatrici, ma perpetua un sistema in cui le donne, specialmente se immigrate, sono lasciate vulnerabili e senza protezione. È imperativo aumentare il numero di case di seconda accoglienza, offrendo alle donne uno spazio sicuro dove vivere, iniziare il percorso di uscita dalla violenza e ritrovare l’indipendenza. Molte di loro, non in grado di sostenere gli affitti esorbitanti di Siena, hanno bisogno di opzioni abitative accessibili per sfuggire alla violenza che mette a rischio le loro vite.
Non possiamo restare in silenzio mentre il Comune di Siena volta lo sguardo altrove. Il fatto che Yuleisi fosse un’immigrata non dovrebbe ridurre l’urgenza di affrontare questa questione. La sua morte è una condanna inequivocabile dei fallimenti sistemici che l’hanno resa possibile e non deve essere vana. Pretendiamo più risorse, più supporto e maggiore responsabilità da parte delle nostre autorità locali. Non possiamo permettere che la morte di Yuleisi sia solo un altro dato statistico.
Perciò chiediamo azioni concrete e non promesse vuote dal Comune di Siena. Vogliamo maggiori finanziamenti per il centro antiviolenza “Donna chiama Donna” e l’aumento dei posti letto nelle case di seconda accoglienza. Non possiamo accettare che altre donne vivano e muoiano nell’indifferenza e nell’abbandono. È ora di chiedere conto a chi ha il potere di proteggere e sostenere ma sceglie deliberatamente di non farlo. Il silenzio e l’inazione non sono più accettabil”i.
Cravos