Un libro ripercorre le vicende di una delle più grandi frodi archeologiche del secolo
SIENA. Nel 2002, un collezionista Israeliano rivelò l’esistenza di un ossario con un’iscrizione – “Giacomo, figlio di Giuseppe, fratello di Gesù” – che catalizzò l’attenzione del mondo accademico, scientifico e religioso: poteva trattarsi della prima prova archeologica dell’esistenza di Gesù. Ma dopo due anni, le autorità Israeliane lo dichiararono un falso – “la frode del secolo” – dando il via ad un’indagine che ha rimesso in discussione l’autenticità di centinaia di altri reperti dell’era biblica.
Prende le mosse da questa vicenda e la racconta dal punto di vista di due dei principali protagonisti, un detective e un archeologo, il libro Unholy Business: A True Tale of Faith, Greed and Forgery in the Holy Land (2008), che l’autrice, la giornalista investigativa e scrittrice statunitense Nina Burleigh, visiting artist del Siena Art Institute per il mese di novembre, presenterà a “StARTers – Assaggi d’arte” martedì 5 novembre alle 18 (via Tommaso Pendola, 37, Siena – ingresso libero).
Unholy Business getta uno sguardo sull’archeologia biblica moderna, osservata in tutta la sua complessità e nei suoi legami con i poteri politici e religiosi e con gli interessi economici, che la stanno sempre più trasformando in una macchina che genera frodi.
L’incontro con Nina Burleigh, dal titolo “Proof for Faith: Relic Forgery, the Limits of Science and the Borders of Belief”, farà riflettere sul rapporto che esiste tra il business delle falsificazioni archeologiche, i limiti della scienza e il bisogno dell’uomo di trovare prove con cui alimentare la propria fede.
Le chiacchierate d’arte di “StARTers” proseguiranno martedì 12 novembre con l’artista visiva Sophie Usunier.
Il calendario completo degli appuntamenti in programma fino a dicembre è consultabile sul sito del Siena Art Institute, www.sienaart.org.