L'Associazione Nazionale Aiuti Assistenti Ospedalieri - Sindacato Italiano Medicina Pubblica toscano interviene sul futuro del nosocomio della Valdichiana
NOTTOLA. In queste giornate pre-elettorali la sanità è un elemento di discussione ovvio. In ambito locale il dibattito sul presidio di Nottola, il suo presente, il suo futuro, rientra nel fisiologico confronto tra contendenti, dove ognuno porta i suoi paradigmi.
Da osservatori imparziali ma interessati, vorremmo affermare alcuni concetti. In questa questione non c’entra la narrazione delle performance dell’ospedale, dell’incremento o meno di prestazioni e altre magnifiche sorti e progressive, scaturite per altro proprio dall’impegno dei professionisti hanno permesso di garantire in questi anni. Le dichiarazioni in merito non possono essere utilizzate come attestazioni di efficienza, comunque riscontrata quotidianamente dalla cittadinanza, ma sembrano suonare come un pretesto facile per sfuggire al vero problema: ovvero l’insostenibilità nel breve periodo dei carichi di lavoro necessari per garantire i servizi in un quadro di progressivo impoverimento numerico di professionisti.
Insomma, a Nottola il disagio dei professionisti sta divenendo rabbia e insofferenza, come dimostrano le nostre numerose iniziative in questi ultimi anni. Vale la pena sottolineare come la loro professionalità abbia finora evitato che tale stato d’animo fosse percepibile per la cittadinanza. Ma per le istituzioni non considerare reiteratamente tale elemento o trattarlo come dato accessorio sarebbe inaccettabile.
In questo presidio e nei tanti presidi di analogo peso (ospedali dotati di punto nascita, anestesia e rianimazione, pronto soccorso equiparabili a Dea di primo livello, servizi h24, ecc), per ragioni di ordine logistico/geografico e demografiche, i concorsi vanno vacanti e le domande di mobilità in uscita crescono a ritmi esponenziali. In queste sedi, a nostro parere, concorsi dedicati possono essere utili, ma il loro successo non è così certo in un quadro lavorativo dove chi può scegliere, si indirizza verso i grandi ospedali, il privato o l’estero.
Ci vogliono strumenti più agili e ad effetto immediato a stretto giro (sull’esempio del progetto Elba) e, nel medio-lungo periodo, bisogna trovare strumenti che sostengano la valorizzazione dei professionisti che operano in certi presidi, non correlati a ulteriore lavoro aggiuntivo. Non sono ipotesi sostenibili? La politica si svegli e faccia delle scelte coraggiose. La rete ospedaliera va riorganizzata e questo sarebbe un buon punto di partenza.