La spending review può togliere il potere a chi ce l'ha e i debiti non si possono cancellare
di Red
SIENA. Quasi alla fine del suo percorso di sindaco, Ceccuzzi si era interrogato ad alta voce, assieme al presidente della Provincia, sulla necessità di modificare lo statuto della Fondazione MPS. Mancavano pochi giorni alle dimissioni (era l’11 maggio, appena due dopo il blitz della Guardia di Finanza), e si era nel culmine della diatriba con Gabriello Mancini, che gli aveva fatto scomparire dal bilancio i finanziamenti di Palazzo Sansedoni. Non fu chiarito dai due amministratori il perché si dovesse procedere alle modifiche, ma non mancò l’irrinunciabile generico richiamo all’indipendenza della banca (da chi? Finora i danni sono venuti dall’interno del sistema). Il 7 giugno, è stata la volta del Pdl chiedere la modifica dello statuto, stavolta chiaramente per togliere dalla potestà di sindaco e presidente di Provincia la scelta dei deputati per passarla ai consigli Comunale e Provinciale. Ma questa soluzione probabilmente non interessava Ceccuzzi, visto che ridimensionava proprio il suo ruolo. Passato anche giugno, c’è stato un periodo di silenzio.
Ieri all’interno della Fondazione gli organi di governo avrebbero trattato nuovamente il problema. Ma ha l’autorevolezza questa Deputazione a discutere sull’argomento? Un organo che ha appena approvato un bilancio con 335 milioni di passivo e ha certificato la distruzione di valore per circa 4 miliardi del patrimonio dell’istituto, se fosse una azienda normale, avrebbe già rassegnato le dimissioni irrevocabili in un clima di vergogna generale. Un organo che ha debiti (350 milioni di euro circa) per un importo superiore al 20% del suo valore patrimoniale e che opera in violazione continua dell’articolo dello Statuto che glielo proibisce: ecco, dal punto di vista di Palazzo Sansedoni, la necessità di tirarsi fuori dalle secche, come avevano dovuto riconoscere nll’ultimo bilancio consuntivo sotto la voce “rapporto di indebitamento”.
La legge chiamata spending review ha costretto il sistema a una accelerazione improvvisa sull’argomento: senza referenti in Comune e con la prospettiva che a breve anche il presidente della Provincia sarà esautorato, da Roma temono di perdere il controllo sulla banca e sul Tandem di Rocca Salimbeni. Nonostante la svendita colossale subìta da Mancini per ripianare i debiti con le banche, Palazzo Sansedoni ha ancora il 36,5% di MPS e un certo potere di condizionamento, se avesse voglia e potere per usarlo. Si può approfittare di uno Stato accondiscendente, che mette i suoi soldi (Grilli bond) a disposizione di una banca senza voler controllare nemmeno come vengono usati e senza assumere posizione di potere: nella stessa spending review ha chiesto solo delle limitazioni nei compensi degli amministratori e managers. Con l’accorpamento delle province in agguato potrebbero arrivare in Banchi di Sotto estranei che potrebbero decidere di lavare i panni sporchi in pubblico, con gravi ripercussioni che toccherebbero il potere romano che si nasconde da 17 anni dietro ogni scelta. Per lo meno la banca prima era palesemente pubblica, la governava lo stesso la politica ma le cose andavano in una maniera migliore.