Nel rapporto della Fondazione Caponnetto emerge una situazione non grave, ma purtroppo stabile

Di Max Brod
SIENA. Nel Rapporto 2012/2013 sulla Mafia in Toscana, redatto dalla Fondazione Caponnetto e presentato lo scorso 19 luglio a Palazzo Vecchio, emerge una situazione regionale come sempre sottovalutata e pericolosa. Sottovalutata perché la Toscana non è terra di mafia “ab originis”, come spiega il dettagliato rapporto, dunque la percezione (solo quella) dell’infiltrazione mafiosa è ridotta, nonostante essa vanti origini che risalgono agli anni ’60. Pericolosa perché la Toscana viene, senza mezzi termini, descritta come una regione che deve “fare i conti con un rischio di infiltrazioni sempre maggiore”. Riciclaggio di denaro sporco e usura sono i problemi principali, non senza fenomeni estorsivi, che talvolta obbligano il proprietario di un’attività a servirsi dal fornitore consigliato dai mafiosi, arrivando alla formazione di quelle zone grigie dell’economia nelle quali risulta complesso distinguere cosa è legale e cosa non lo è più.
Le “zone rosse”. Il rapporto affronta un lungo focus su Prato, al primo posto in Toscana e al settimo in Italia, con più di 15.000 reati denunciati nel solo 2011, una zona in crisi economica, con il problema della criminalità organizzata cinese, al quale si aggiungono i gruppi malavitosi italiani: camorra, ‘ndrangheta e criminalità organizzata siciliana. Firenze non è da meno, con i suoi 64 gruppi criminali mafiosi (22 clan della camorra, 24 cosche mafiose siciliane, 15 cosche della ndrangheta, due clan pugliesi e la banda della Magliana), e con un rischio “colonizzazione” aumentato rispetto al 2011. Di particolare importanza poi, la difficile situazione delle zone costiere, con gli scali portuali che si trovano esposti alla criminalità “diventando una cassa di espansione per l’impresa mafiosa”.
Mafia e territorio senese. Nella relazione del 2011 Siena era nominata sei volte, per svariate operazioni di polizia e fatti gravi avvenuti sul nostro territorio che, ricordiamo, ha ospitato il più esteso bene confiscato alla mafia nel centro-nord, la tenuta di Suvignano a Monteroni: 800 ettari appartenuti ad un condannato per mafia, un imprenditore edile di Palermo che – proprio a dimostrazione di come inconsapevolmente la mafia può entrare nel nostro tessuto sociale – risulta abbia anche, a suo tempo, finanziato il Monteroni Calcio. Per quanto riguarda la relazione 2012/2013 la parola Siena è ben più frequente, perché il rapporto si sofferma nel descrivere alcune delle ben 20 operazioni antimafia effettuate sul territorio dal 1996 ad oggi, in media una all’anno. Di assoluto rilievo l’operazione del 2010 finalizzata a colpire la rete di favoreggiatori del nuovo capo di cosa nostra, Matteo Messina Denaro, che ha visto interessata anche la provincia di Siena, e l’operazione Mixer: che nel gennaio 2013 ha comportato il sequestro di beni, dislocati anche a Sinalunga, per un valore di 15 mln di euro. “La situazione esistente nella provincia di Siena è migliore rispetto agli altri territori della Regione – si legge nella relazione- ma è da mettere sicuramente in evidenza la radicata presenza di organizzazioni criminali, in particolar modo, di origine siciliana e campana”. Sono 8 infatti i gruppi criminali coinvolti in fatti accaduti nella provincia di Siena. Non a caso la Piazza del Campo è raffigurata, nel rapporto, con quattro frecce puntate, a indicare i clan più presenti: camorra (casalesi, D’Alessandro, Di Biasi), ‘ndrangheta (Crea), c.o. pugliese (Zonno), e c.o. siciliana (corleonesi, cosa nostra, famiglie madonite).
Siena non migliora e non peggiora. Non cambia, per Siena, la classifica che il rapporto stila in merito ai vari capoluoghi di provincia, suddividendoli in base a “presenza economica mafiosa” e “rischio di colonizzazione”. Città e provincia restano un territorio a “media/alta” presenza economica mafiosa (superiore solo a Grosseto, al pari di Pisa, Livorno e Pistoia), con un rischio di infiltrazione “basso” (al pari di Grosseto, Arezzo, Firenze e Pisa). L’avvocato Luciano Peccianti, collaboratore di “Libera Siena”, commenta così il report della Fondazione Caponnetto: “Nonostante non ci siano drammatiche novità, la situazione impone massima attenzione e impegno da parte di tutti”. Peccianti non ha dimenticato la “figuretta” che nel 2010 fecero le istituzioni senesi, assenti alla presentazione del rapporto sulla criminalità organizzata a cura della Regione Toscana, presso l’Università di Siena, e in questo senso sottolinea: “Ho trovato un’attenzione nuova e seria da parte del nuovo Sindaco Valentini, sensibile all’argomento già prima di arrivare a Siena. Stessa cosa vale per la Prefettura”.
Leggi il rapporto: http://issuu.com/guardailfile/docs/rapportotoscana2013?workerAddress=ec2-54-224-134-132.compute-1.amazonaws.com