Sfilano in televisione Profumo, Ceccuzzi e Mussari
di Red – foto di Corrado De Serio
SIENA. Due stili diversi di presentarsi davanti ai microfoni, si vede e si sente, soprattutto, tra i nuovi e i vecchi volti della società senese. Alessandro Profumo, in televisione da Lucia Annunziata, ha parlato. Aziendalista, senza problemi di senesità: “Il nostro compito è dimostrare che essere antichi non significa essere vecchi ma avere radici solide, e che le radici che MPS ha non sono solo a Siena possono consentirti di guardare lontano superando anche il vento”. Non ha escluso un prossimo aumento di capitale di MPS, se non si riuscisse a coprire il buffer temporaneo chiesto dall’Eba. Il presidente ha confermato che i problemi con l’autorità europea nascono dai troppi titoli di Stato in pancia all’istituto (3,4 miliardi il passivo sui titoli, giusto il prezzo Eba), senza però guardarsi indietro alle cause: sarebbe imbarazzante accusare Mussari (mentre è andata in forse la conferma alla guida dell’Abi) di avere esagerato fino allo scorso settembre nell’accumulo di portafoglio che sembrava dare facili guadagni, ma che le nuove regole hanno invece trasformato in capitale. Sarebbe stato utile giudicare anche il disinteresse del governo Berlusconi e del suo ministro dell’Economia Tremonti sull’argomento, per non aver vigilato sulle scelte che i partners europei facevano in tema di materia bancaria, che andava a colpire proprio il sistema di relazioni finanziarie Stato-banche esistente in Italia. Nell’intervista nel programma In mezz’ora, Profumo ha detto anche che l’Euro in questo momento è a rischio, ma “bisogna andare avanti. “La moneta unica non salterà”. Ed ha aggiunto: “Sono allarmato sull’Europa. Così come stiamo non possiamo continuare, siamo in situazione di stallo, quindi o torniamo indietro o andiamo avanti. L’Europa ogni volta che era in difficoltà ha fatto dei passi in avanti. Penso che andremo avanti nell’integrazione dell’Unione europea e quindi salveremo la nostra moneta”.
Il presidente di Mps ha implicitamente annunciato i tagli al personale: “Il nostro obiettivo è tutelare posti di lavoro. Ma i bilanci si fanno sui costi e sui ricavi”. Esuberi, ha aggiunto, “sono sempre possibili, ma non sono auspicati e cercheremo di lavorare prima totalmente su altri fronti”. Sui problemi giudiziari ha detto esplicitamente “Essere sui giornali per un’inchiesta non fa piacere. Noi viviamo anche di reputazione”. Chiaro, e veramente “discontinuo” rispetto alle relazioni con i giornalisti fin qui tenute dall’establishment cittadino. “Le banche italiane sono solide, hanno affrontato bene questa crisi”, ha anche affermato Profumo. “Hanno nei propri portafogli titoli di Stato che saranno ripagati”. In Grecia e Spagna si parla di fuga dai risparmi bancari, ma il presidente Mps ha spiegato che in Italia “non rileviamo questa tendenza. Certo gli italiani però si chiedono cosa succederà all’euro e al futuro dell’Europa”.
Non si è smentito il dimissionario sindaco di Siena ai microfoni dell’inviato de L’Ultima Parola di Paragone su Rai 2. Al giornalista che gli chiedeva: “Pensa che Mussari abbia fatto un buon lavoro?” ha risposto, evasivo, “Penso che adesso si è cambiato fase, siamo in un’altra fase quindi bisogna guardare avanti”. Il giornalista ha ripetuto la domanda, evidentemente senza risposta. E’ comprensibile l’imbarazzo umano di Ceccuzzi (testimone di nozze di Mussari, forse l’inviato non lo sapeva), ma non accettabile quello politico. Il sindaco ancora non ha risposto, accennando ad un nuovo piano industriale della banca. Lasciando a tutti i presenti e ai telespettatori l’impressione di essere connivente col sistema che a parole intendeva spazzare via: eppure la denuncia dei vecchi errori e del vecchio regime è prodromica all’affermarsi dell’ homo novus. Altrimenti non si è credibili nemmeno per i propri sostenitori. Sicuramente non era credibile per l’Ultima Parola: che ha lasciato il commento a Raffaele Ascheri sull’immensa cifra pagata per Antonveneta e l’inchiesta giudiziaria in corso. Ancora più sconcertante Giuseppe Mussari che non si degna nemmeno di guardare in faccia il giornalista, figurarsi rispondere a una domanda precisa: “Chi li tira fuori i miliardi che mancano?” Silenzio.