Accreditata l'ipotesi di una "cresta" internazionale. Fantafinanza?
di Red
SIENA. La Stampa di Torino propone una chiave di lettura supplementare per il blitz delle Fiamme Gialle nella sede di MPS. Perché nessuno sarebbe così sprovveduto da comprare per 10,1 miliardi una cosa che è pubblicamente risaputo essere passata di mano appena due mesi prima per 6,6 miliardi. Il giornale piemontese scrive che le ricerche della Procura senese partono da Siena e vanno lontano fuori dall’Italia. Vanno a Londra.
“Dietro questo giro vorticoso di soldi si nasconderebbe ben altro. Qualcuno, e il sospetto sarebbe più che fondato, ha fatto una «cresta» sull’operazione Antonveneta”, si legge sul quotidiano, che prosegue “i sospetti sono tutti rivolti sui venditori, gli spagnoli del Banco Santander guidato da Emilio Botin, su possibili consulenti e mediatori (magari non ufficiali) entrati in campo in quei giorni caldissimi in cui in Italia impazzava la guerra per banche, col Monte che rischiava di fare la fine del vaso di coccio tra i vasi di ferro, schiacciato sul mercato italiano tra Unicredit e Banca Intesa, da poco andata a nozze col Sanpaolo. E’ per questo che per i banchieri senesi, che in quei tempi si erano visti sbattere in faccia già tante porte, dal Sanpaolo a Banca di Roma, Antonveneta andava presa a qualsiasi prezzo. Anche a costo di …. oliare qualcuno? Arrivando a mettere in campo faccendieri e massoni, come trapela da fonti vicine agli inquirenti? Sembra di sì. Alcuni documenti in mano ai magistrati proverebbero legami e rapporti su cui ora si tenta di alzare il velo”.
Il valore della cresta si stima che possa toccare la cifra di 1,5 miliardi di euro. Questo farebbe ipotizzare che il numero degli indagati sia rapidamente destinato a salire, in quanto la Procura sta cercando la strada seguita dai soldi, che di tracce ne lasciano sempre e coinvolgono molte persone nel loro percorso. Percorso che, nel tratto italiano coinvolgerebbe gli altri istituti di credito raggiunti dal blitz, a cominciare da Mediobanca. Non è strano che uno dei “pessimi consigliori” dell’acquisto di Antonveneta, sia ancora advisor principale di Banca e Fondazione senesi, fino al punto di pilotare il pool dei creditori di Palazzo Sansedoni?
All’indomani dell’annuncio dell’acquisto dell’istituto padovano, il Monte dei Paschi – che valeva allora 10 miliardi di euro – perse in borsa ben 1 miliardo di valore. Due sanguinosi aumenti di capitale hanno drenato altri 8,2 miliardi di euro, costringendo la Fondazione ad indebitarsi in una spirale senza fine. E senza che nessuno dei protagonisti si voglia addossare la responsabilità né in sede politica né in sede finanziaria.
Una faccenda talmente scottante, sempre secondo La Stampa, che “l’indagine punta molto più in alto, tanto in alto (almeno come dimensione della truffa) da aver messo in allerta addirittura Palazzo Chigi ieri, secondo alcune indiscrezioni, puntualmente al corrente del vero obbiettivo delle indagini in corso”.