Di chi è il Palio?
C’è la ressa di contrade al “Forno Tittia”, che ovviamente sceglierà l’offerta più conveniente per lui dopo la tratta dei cavalli di agosto.
Già si fanno le previsioni su dove potrebbe andare. Almeno sei o sette contrade sperano che lui, professionista serio e bravo, accetti di montare per loro. Ma solo una ovviamente sarà soddisfatta. Le altre dovranno cercarsi un’alternativa credibile e sperabilmente vincente. Bisognerà vedere quali saranno le scelte dei capitani sui cavalli. Se puntano su un solo big, troppo superiore rispetto agli altri animali, come hanno fatto al palio di luglio, solo chi lo avrà in sorte sarà (quasi) sicuro di montare Tittia. Non di vincere, perché il Palio ha diverse variabili che conosciamo.
Allora la palla passa ai capitani. Punteranno ad agosto sulla stessa tattica di luglio per soddisfare Tittia, sperando nell’assegnazione del “bombolone” o creeranno qualche alternativa per contrastare le mire del fantino?
Il risultato di luglio ha suscitato forti polemiche nei confronti dei capitani, accusati di acquiescenza nei confronti di Tittia. Peraltro è da ricordare, per restare alla storia recente del palio, che fantini “padroni” ce ne sono stati come Aceto e Trecciolino, anche se c’è chi sostiene che anche le contrade qualche ruolo nella loro gestione lo avevano.
Vedremo cosa succederà ad agosto. Intanto però il dibattito continua fra i senesi. Tra le osservazioni non manca qualche interrogativo. C’è chi si chiede: ora molti se la prendono con Tittia. Ma se in una contrada arriva il “cavallone” chi deve montare il capitano? Tittia, il migliore o un altro fantino? Lo stesso contradaiolo che lo critica,sempre secondo questa tesi, ti potrebbe rispondere Tittia, passando sopra alle sue critiche post palio di luglio.
Il punto è che pur di vincere si passa sopra a tutto. Ecco vincere. Certo i contradaioli sperano sempre. Ma bisognerebbe essere realisti e capire se effettivamente ci sono le possibilità. Ci viene in mente in ricordo lontano quando, erano gli anni sessanta, il capitano dell‘Istrice, barone Sergardi, ad un cena della prova generale nel suo intervento disse papale papale che, salvo sorprese, per la contrada non c’erano possibilità di vittoria, per cui si sarebbe lavorato per portare a casa qualcosa in termini di soldi o anche di impegni di altre contrade per corse successive. Oggi un capitano che fa un discorso del genere sarebbe preso a calci. Su questo episodio ognuno faccia le sue considerazioni sulla mentalità “ o si vince o si vince” dei contradaioli di oggi.
Del resto, come diceva Boniperti, “vincere non è importante: è l’unica cosa che conta!”.