Ribasso continuo in borsa: si scommette per un nuovo aumento di capitale?

di Red – foto Corrado De Serio
SIENA. Pensiamo con timore crescente alla scarsità di banchieri di alto profilo in Italia in questo momento. E’ un fenomeno di una gravità insolita (Draghi e Visco sono a Bruxelles, purtroppo). Tanto insolita e tanto grave da dover far eleggere a capo delle banche, cioè della potentissima Abi, un avvocato catanzarese che recentemente, parlando di se stesso presidente di banca, ha affermato che fare il banchiere “non è il mio mestiere”. Un “giurisprudenzialista” che, come presidente di banca Monte dei Paschi, sta per mettere la sua firma – ultimo atto di una carriera irripetibile a Siena e non solo – in calce al peggior bilancio della storia dell’istituto di credito senese con oltre 4 miliardi di euro di perdite. Giusto qualche mese prima di essere riconfermato alla guida dell’Abi (delle candidature si parlerà il 16 maggio).
E non è che nella città del Palio con questo atto si salvino da dirigenti potenzialmente peggiori. Al posto del Mussari sta arrivando un fine banchiere che ha diretto così bene Unicredit che, appena un anno dopo la sua “cacciata”, il nuovo amministratore delegato Ghizzoni ha dovuto chiudere il bilancio con 9,2 miliardi di euro di perdite per effetto della svalutazione degli asset acquisiti dalla precedente gestione Profumo. Ghizzoni, nel frattempo si era premunito con un aumento di capitale da 7,5 miliardi di euro: e poi dicono che l’Eba aveva fatto dei conti troppo frettolosi! Se tanto ci dà tanto, la prossima mossa appena costituito il tandem Profumo-Viola sarà di fare l’aumento di capitale per MPS. Voci bene informate ne danno già in corso la preparazione, vista l’ineluttabilità della cosa. Così i piccoli azionisti, se mai riusciranno a mettere piede nella assemblea dei soci convocata per il 27 aprile causa resistenza passiva della burocrazia montepaschina, andranno a parlare al vento per cose che non sanno.
Il giovedì borsistico ci lascia l’amaro di una seduta in cui il titolo MPS perde ancora terreno -3,55% a euro 0,25. Traderlink.it sostiene in una nota che “La discesa intrapresa dopo le 13 ha infatti fatto scivolare i corsi di Mps sotto i supporti statici di breve posti a 0,255 euro. La conseguenza diretta potrebbe essere duplice: da un lato aumenterebbe la pressione dei venditori, dall’altro salterebbero gli stop dei compratori. Partendo da questo presupposto, l’azione potrebbe così spingersi verso i minimi storici toccati lo scorso 10 gennaio a 0,19 euro”. In questo caso sarebbe buio totale, anche per gli Aleotti che non se la caverebbero con un licenziamento. Ci chiediamo da dove possa venire la mancanza di fiducia nel nuovo piano industriale di Viola, che deve ancora vedere la luce e superare il confronto con un Consiglio di Amministrazione che ancora non è stato eletto. Quali fondamentali della banca sono sconosciuti ai poveri mortali?
In un report dello scorso 31 marzo Milano Finanza faceva queste considerazioni di “prudenza sull’asset quality del primo semestre 2012, confermando che l’aumento dei crediti problematici del quarto trimestre 2011 (nuovi incagli mensili a 285 milioni) non è rallentato nel primo trimestre di quest’anno. Inoltre – proseguiva l’articolo – per Equita la riduzione all’esposizione alla Bce (28,5 miliardi a un costo di 100 milioni di euro annui) rappresenta la sfida principale, perché impatterà su impieghi (crescita più contenuta), commissioni (meno prodotti di terzi, più bond captive) e margine di interesse di Mps. Anche per questo la sim ha ridotto le stime sui ricavi 2012 da flat a -4%”. Per concludere che “il mercato continuerà a scontare nei prezzi di Mps il rischio di un aumento di capitale”. Forse il fardello dei Tremonti bond è davvero troppo grande per essere sopportato a priori.
Se proprio si doveva raccontare la favola del 51% intoccabile per vincere le scorse amministrative, la Fondazione poteva vendere azioni il successivo 19 maggio a 0,7673 euro: più del doppio di quanto ha ricavato ora, nel mese di marzo, scendendo subito al 35,5% e evitando l’indebitamento che ha azzerato il valore degli asset di Palazzo Sansedoni in occasione dell’ultimo sciagurato aumento di capitale.
E, a proposito di asset alienati, si è completata anche la vendita delle quote che la Fondazione deteneva in F2i di Vito Gamberale. Infatti il 18 aprile le quote del 3,2% del fondo infrastrutturale da 1,85 miliardi, e del 6,4% della società di gestione del risparmio sono finite nelle mani della Fondazione Cariplo. I gioielli sono terminati e in Banchi di Sotto da vendere non c’è rimasto quasi più niente, a parte il marchio di fabbrica e il Caino di Duprè.