Ovviamente il giocatore dell’Olimpia è un consapevole/inconsapevole grimaldello di una situazione grottesca che stava maturando da tempo. L’Armani, si sa, condiziona molte cose all’interno dello sport italiano, visto che veste praticamente tutto il CONI a tutte le manifestazioni sportive. Non è un’accusa, ma una constatazione. Ettore Messina qualche tempo fa aveva proposto l’introduzione del play-in nei playoff di EuroLeague, anche con qualche buona motivazione sulla falsariga dell’esperimento riuscito nella NBA. Il CEO Glickman invece voleva le Conference e guarda caso, ha fatto le valigie.
Cosa ha detto Melli? Che sette partite di finale sono troppe, e Gianni Petrucci si è affrettato a dichiarare alla Gazzetta dello Spor, in edicola il 26 giugno: “Anch’io ho notato un forte stress dei giocatori di cui dobbiamo tutelare la salute. Tutti i principali campionati d’Europa hanno la finale sulle 5 partite. Al prossimo Consiglio Federale sottoporrò questo tema per riallinearci al format di una volta.” Arriverà secondo: l’Assemblea di Legabasket, più realista del re, ha votato nello stesso giorno il ritorno al meglio delle cinque gare.
Quelli della GIBA, che dovrebbero tutelare gli interessi dei giocatori, sono arrivati addirittura terzi. Anche loro, presi dal sacro fuoco della salute (?) sono prontamente saliti sul carro guidato da Melli il 26 giugno. Pur dovendo tutelare la salute di tutti i loro tesserati, oltre 200 nella sola serie A, si sono concentrati esclusivamente sui 35 che hanno giocato le finali. Di cui circa 12 hanno visto solo la tribuna, e almeno altri 6 hanno alternato DNP a pochissimi minuti in campo. Quindi l’attenzione della GIBA è rivolta ad appena una quindicina di atleti per difendere la loro salute. Ma se Melli era stanco (giustamente), Messina aveva in tribuna l’equivalente del budget di Venezia per poterlo sostituire. Melli se la prenda con Messina e ringrazi il cielo che ha disputato una decina di partite in meno della stagione precedente…
Nei playoff della stagione 2022-23 sono state giocate 28 partite tra quarti, semifinali e finali. Giocatori infortunati da stress, neanche uno. Ma la GIBA, comportandosi al contrario della NBPA, quali interessi sta facendo? Se il successo della pallacanestro italiana lo decidono una gara 6 e una gara 7 e solo dalla televisione e dai social possono venire quegli introiti che possono far decollare economicamente il movimento, sarebbe stato il caso di insistere. Anche perché i benefici economici andrebbero a cascata anche a quei giocatori meno fortunati come talento e che giocano in serie A per una miseria. I buoni guadagni andranno solo a quelli di EuroLeague.
Se è fatica la post-season, ce lo dicano chiaramente e si giochino direttamente semifinali e finali. Anzi, subito Olimpia-Virtus, così a fine maggio prima del mare andiamo anche a pescare cavedani. Ma la storia, molto educativa, non è ancora finita e costringe il lettore ad un’altra novità. Nella giornata odierna è uscita fuori la notizia che il play-in di EuroLeague si farà. Il buon Melli, che stava pensando di risparmiare due possibili partite di LBA l’anno prossimo, potrebbe doversi trovare costretto a giocare due di play-in ECA nella prossima stagione. Il guadagno di Pottino, come si dice dalle nostre parti.
Melli, Messina, Petrucci, la GIBA. Una strana convergenza di opinioni per affossare l’appeal del basket italiano che veniva definito il più duro, il più lungo, il più difficile campionato d’Europa, in cui è vietato distrarsi. Che ieri è stato depauperato delle due partite più di successo dell’intera stagione, che vivrà ancora una volta con palazzetti al di sotto delle cinquemila presenze (il sogno mai realizzato di Egidio Bianchi), e che il turnover garantito dalla retrocessione/promozione, ahimè, non migliorerà nemmeno a questo giro. E con Zanetti che ha deciso di disimpegnarsi dalla pallacanestro sarà un piacere tornare ai bei tempi in cui c’era una squadra che vinceva sempre 4-0.
E solo su questo quotidiano si scriveva che non era un bene per il basket tricolore, come poi si è rivelato essere stato.