Nel convegno organizzato dal Consorzio di Bonifica 2 Alto Valdarno con l’Associazione Amici della Chianina riflessioni sulle necessità idrauliche
VALDICHIANA. “Se gli eventi meteo che hanno investito l’Emilia Romagna, si fossero verificati in Toscana, cosa sarebbe successo?”.
E’ la domanda che si rincorre sui media e nella vita di ogni giorno. Una domanda che rimbalza nella testa dei cittadini, a cui è difficile dare una risposta ma a cui è impossibile sottrarsi. Soprattutto in questi giorni.
Così “La Valle del Clanis: simbiosi ed evoluzione tra uomo e natura”, convegno organizzato a Bettolle, nel Comune di Sinalunga, dal Consorzio di Bonifica 2 Alto Valdarno, con l’Associazione Amici della Chianina, nella cornice della Settimana della Bonifica 2023 e dell’iniziativa La Valle del Gigante Bianco, si è immediatamente trasformata in un momento di riflessione sulla sicurezza idraulica e idrogeologica della Valdichiana e sugli investimenti necessari per resistere agli attacchi (allagamenti e siccità) provocati dai cambiamenti climatici.
“I fenomeni meteorologici che hanno sfigurato la regione confinante hanno destato tanta preoccupazione anche oltre l’Appennino. Abbiamo seguito l’evolversi della situazione con grande apprensione, osservando i nostri fiumi, soprattutto in Casentino e Valtiberina, che si ingrossavano di ora in ora. E’ evidente che nessun territorio può ritenersi immune dalla furia dell’acqua e dagli effetti di precipitazioni così intense e concentrate. In poche ore dalle colline si sono rovesciati a valle quantitativi straordinari di acqua. Tutto questo ci deve fa riflettere e ci deve incoraggiare a fare scelte ponderate. Dobbiamo continuare ad investire, come stiamo facendo dall’introduzione della LR 79/2012, nella difesa del suolo. E’ strategico rafforzare l’attività di manutenzione ordinaria del reticolo idraulico a scopi preventivi. Contemporaneamente è utile ragionare sulle opere necessarie per mettere in sicurezza paesi, attività e persone, di fronte alla furia di piogge che possono avere – e lo abbiamo visto – esiti devastanti. Occorre interrogarsi a tutti i livelli, nazionale, regionale e territoriale, se le infrastrutture realizzate nel tempo sono ancora adeguate, se servono nuove opere e se dobbiamo rivedere quanto fin qui fatto, magari prevedendo anche lo stombamento di alcuni corsi d’acqua che, in molti centri urbani, nel tempo, sono stati chiusi”, ha detto la Presidente Serena Stefani, sviluppando il tema “𝐂𝐨𝐦𝐩𝐞𝐭𝐞𝐧𝐳𝐞, 𝐚𝐭𝐭𝐢𝐯𝐢𝐭𝐚̀ 𝐞 𝐩𝐫𝐨𝐠𝐞𝐭𝐭𝐢 𝐝𝐞𝐥 𝐂𝐨𝐧𝐬𝐨𝐫𝐳𝐢𝐨 𝐧𝐞𝐥𝐥𝐚 Valdichiana”, che le era stato affidato.
Facendo un tuffo dal passato al presente, l’ingegner Leandro Radicchi, dirigente della Regione Toscana, al quale era richiesta l’illustrazione dell’immenso patrimonio di opere idrauliche presenti nella vallata sottratta alla palude, ha commentato: “La Valdichiana è un territorio molto particolare, costruito nel corso dei secoli: è uno scrigno di tante opere, studi, progressi fatti dall’uomo, un materiale unico, da scoprire e studiare per imparare a gestire correttamente le opere ereditate e per capire il comportamento da adottare nel futuro”.
Il fatto di essere un territorio artificiale, d’altronde amplifica i fattori di rischio ed è inevitabile.
“I territori artificiali sono quelli che presentano maggiori problematiche – ha aggiunto Radicchi – perché sono insediati. Qui forse più che altrove occorre tenere conto dei cambiamenti climatici. Va ripensato l’attuale assetto idraulico. Vanno consolidate alcune opere. Può essere utile mantenere aree libere dove immagazzinare l’acqua quando è troppa. Allo stesso modo occorre dire che gli insediamenti sono necessari, che l’economia odierna è sofisticata e che la Valdichiana non è più la valle agricola arata dai buoi, ma è un’area caratterizzata da un’agricoltura molto qualificata, un comparto che richiede forti investimenti. Quindi l’allagamento di una zona agricola comporta danni ingenti. Ecco perché, di fronte ai cambiamenti climatici, bisogna ripensare le attività per renderle meno vulnerabili alle alluvioni”.
La Valdichiana diventa così un po’ il territorio simbolo: l’area più sensibile alle conseguenze di un clima che muta.
“Trattandosi di un territorio artificiale, dove la regimazione idraulica è stata fatta dall’uomo per portare via l’acqua da zone paludose, la manutenzione ordinaria serve prima di tutto a conservare il sistema idraulico che permette di mantenere all’asciutto insediamenti abitativi e produttivi”, ha spiegato il dottor Francesco Lisi, Direttore generale del Consorzio di Bonifica 2 Alto Valdarno. “Da un lato serve la conservazione del reticolo per portare via l’acqua da un territorio con pendenze bassissime, dall’altro si avverte la necessità di portare l’acqua, per garantire risorsa sufficiente alle imprese agricole. I nostri antenati hanno avuto un’intuizione formidabile: creare la diga di Montedoglio per l’agricoltura. Sono state realizzate le condotte primarie e i laghetti di compenso da cui dovrebbero partire i Distretti irrigui, ma questi per la maggior parte risultano ancora da fare. E’ evidente quindi che, qui, come in altri territori, i cambiamenti climatici ci mettono di fronte alla condizione di dover, da un lato, continuare a difenderci dall’acqua e, dall’altro, di dover difendere l’acqua, con l’adozione di una politica agricola e irrigua adeguata”.
D’altronde la vocazione agricola della vallata è quella che, nel corso del tempo, ne ha disegnato il volto attuale. Giacomo Zanibelli dell’Università Federico II di Napoli ha affrontato il tema 𝐄𝐜𝐨𝐧𝐨𝐦𝐢𝐚 𝐞 𝐬𝐨𝐜𝐢𝐞𝐭𝐚̀ 𝐝𝐞𝐥𝐥𝐚 𝐕𝐚𝐥𝐝𝐢𝐜𝐡𝐢𝐚𝐧𝐚 𝐚𝐭𝐭𝐫𝐚𝐯𝐞𝐫𝐬𝐨 𝐢 𝐫𝐞𝐠𝐢𝐬𝐭𝐫𝐢 𝐝𝐢 𝐟𝐚𝐭𝐭𝐨𝐫𝐢𝐚 e mentre le testimonianze portate da Cinzia Cardinali, 𝐷𝑖𝑟𝑒𝑡𝑡𝑜𝑟𝑒 𝐴𝑟𝑐ℎ𝑖𝑣𝑖𝑜 𝑑𝑖 𝑆𝑡𝑎𝑡𝑜 𝑑𝑖 𝑆𝑖𝑒𝑛𝑎; Gabriele Ciacci, 𝐺𝑟𝑢𝑝𝑝𝑜 𝐴𝑟𝑐ℎ𝑒𝑜𝑙𝑜𝑔𝑖𝑐𝑜 𝑆𝑖𝑛𝑎𝑙𝑢𝑛𝑔ℎ𝑒𝑠𝑒; Giovanni Corti, 𝑃𝑟𝑒𝑠𝑖𝑑𝑒𝑛𝑡𝑒 𝐴𝑠𝑠. 𝐴𝑚𝑖𝑐𝑖 𝑑𝑒𝑙𝑙𝑎 𝐶ℎ𝑖𝑎𝑛𝑖𝑛𝑎 hanno permesso un focus sui 𝐓𝐞𝐫𝐫𝐨𝐬𝐢 𝐞 𝐏𝐚𝐥𝐦𝐞𝐫𝐢𝐧𝐢: 𝐝𝐮𝐞 𝐟𝐚𝐦𝐢𝐠𝐥𝐢𝐞 𝐩𝐫𝐨𝐭𝐚𝐠𝐨𝐧𝐢𝐬𝐭𝐞 𝐝𝐢 𝐮𝐧 𝐩𝐚𝐞𝐬𝐚𝐠𝐠𝐢𝐨 𝐜𝐨𝐬𝐭𝐫𝐮𝐢𝐭𝐨, all’interno di un convegno nato per guardare al futuro, senza dimenticare il passato.