Annalisa Coppolaro racconta storie di turisti non per caso
di Annalisa Coppolaro
SIENA. Kokoshka è un negozio all’angolo di Krizevniska Ulica. Vende bambole in legno dipinto, alberi di Natale d’oro e scialli a fiori con le frange. Mi tornano in mente ricordi di mio padre, racconti del suo viaggio a Mosca, di un altro anni dopo a Belgrado, delle persone avvolte nei cappotti e sotto colbacchi di pelo marrone, della sua ammirazione per il coraggio e la forza di questa gente orgogliosa che già partiva alla volta dell’Italia per cercare lavoro. Mi portò ambra e bambole in costume di zarina che conservo gelosamente.
Dalla nostra magica postazione, proprio a metà della via lastricata con antiche e piccole pietre corrose, il negozio Kokoshka si vede bene. La gente si sofferma, rapita dalle suggestioni d’Oriente. Ljubljana è anche così, un gioco di luci e suoni poetici, un piccolo gioiello posto lungo il fiume.
Slovenia, Ljubljana: anche questi due nomi portano con sé una musica antica che mi attrae da sempre. Di notte il 26 dicembre, attraversando il confine, pezzi bianchi di neve appaiono lungo i pendii scuri. Poi le prime tracce di un paese mai visto, un distributore blu e verde, qualche piccolo albero di Natale illuminato. Il freddo fuori, la bellezza arcana dell’inverno. Brividi. L’idea che nello spazio di un millimetro cambino lingua e cultura è affascinante. Le terre di confine sono sempre terre di gente differente, di movimenti e sogni inseguiti, di storia difficile e sofferta. Non so niente, lo confesso, della storia di Ljubljana,eppure quando alle 20 approdiamo alla stazione, subito in me scatta qualcosa. Un ragazzo che parla inglese ci aspetta con il suo taxi e ci dà il suo numero se avremo ancora bisogno. E poi ci porta per le vie della città, accese di strisce luminose e di ghirigori brillanti. Una città ricca e fiorente, tranquilla ed operosa. E’ evidente. Scendiamo all’inizio dell’area pedonale, e prima di tutto ci accoglie la grande, rotondeggiante chiesa evangelica, quindi una fila di alberi di Natale che portano al fondo della strada da cui si scorge forse un mercato, una fiera. Denis parla italiano perfettamente, ha vissuto per sette anni a Milano e ci guida per le scale antiche in legno, due piani di archi e mura alla fine dei quali si trova un corridoio e una porta a vetri. L’appartamento è strepitoso: un piano a coda nel centro del salone, illuminato da un enorme lampadario a gocce di cristallo, uno specchio immenso art déco, una stufa in ceramica bianca, divani e broccati, un pavimento di lucido legno a mosaico. Ci racconta, Denis , che qui viveva una sua antenata artista e che i quadri nell’ingresso sono tutti suoi. Scendiamo quindi verso il centro, proprio dove si scorgono le luci: mille casette in legno tutte in fila ci sorridono sotto le luci di Natale, è un tripudio di scintillii bianchi e azzurri riflessi sulle acque calme della Ljubljanica. Rimaniamo a bocca aperta: il villaggio natalizio è proprio sotto il nostro splendido appartamento antico. Il Natale, la festa, la grande stella rotonda, il palco del concerto che si terrà stanotte, odori di cibo e cioccolata calda, bambini felici con berretti colorati che corrono lungo la strada fredda che straborda di gente. Nelle casette, artigiani sloveni, indiani, russi, peruviani espongono i loro lavori sorridendo. I nostri figli comprano gli hamburger e io osservo il castello su in alto che cambia colore nella notte. Campanili aguzzi di chiese allungate nel buio, ponti di lucciole, il blu notte delle acque tranquille. Ljubljana vuol dire ”L’Amata” ed è una città vitale e giocosa , con migliaia di appuntamenti culturali, arte, eventi, locali alternativi. Solo lungo la ‘nostra’ strada vi è uno strano teatro e varie piccole gallerie d’arte. E il posto ci affascina per altri due giorni, poi ripartiremo di mattina e i nomi delle piccole stazioni in mezzo ai pini e alla neve della vecchia Slovenia ci accompagnano con i loro nomi morbidi: Notranje Gorice, Preserje, Borovnica, Verd, Planina, Prestanak, sempre succeduti da ”Postaja”, stazione. Sappiamo tre parole di sloveno…Ma il cuore di Ljubljana ci segue verso casa.
(www.storierandage.blogspot.com)
Dalla nostra magica postazione, proprio a metà della via lastricata con antiche e piccole pietre corrose, il negozio Kokoshka si vede bene. La gente si sofferma, rapita dalle suggestioni d’Oriente. Ljubljana è anche così, un gioco di luci e suoni poetici, un piccolo gioiello posto lungo il fiume.
Slovenia, Ljubljana: anche questi due nomi portano con sé una musica antica che mi attrae da sempre. Di notte il 26 dicembre, attraversando il confine, pezzi bianchi di neve appaiono lungo i pendii scuri. Poi le prime tracce di un paese mai visto, un distributore blu e verde, qualche piccolo albero di Natale illuminato. Il freddo fuori, la bellezza arcana dell’inverno. Brividi. L’idea che nello spazio di un millimetro cambino lingua e cultura è affascinante. Le terre di confine sono sempre terre di gente differente, di movimenti e sogni inseguiti, di storia difficile e sofferta. Non so niente, lo confesso, della storia di Ljubljana,eppure quando alle 20 approdiamo alla stazione, subito in me scatta qualcosa. Un ragazzo che parla inglese ci aspetta con il suo taxi e ci dà il suo numero se avremo ancora bisogno. E poi ci porta per le vie della città, accese di strisce luminose e di ghirigori brillanti. Una città ricca e fiorente, tranquilla ed operosa. E’ evidente. Scendiamo all’inizio dell’area pedonale, e prima di tutto ci accoglie la grande, rotondeggiante chiesa evangelica, quindi una fila di alberi di Natale che portano al fondo della strada da cui si scorge forse un mercato, una fiera. Denis parla italiano perfettamente, ha vissuto per sette anni a Milano e ci guida per le scale antiche in legno, due piani di archi e mura alla fine dei quali si trova un corridoio e una porta a vetri. L’appartamento è strepitoso: un piano a coda nel centro del salone, illuminato da un enorme lampadario a gocce di cristallo, uno specchio immenso art déco, una stufa in ceramica bianca, divani e broccati, un pavimento di lucido legno a mosaico. Ci racconta, Denis , che qui viveva una sua antenata artista e che i quadri nell’ingresso sono tutti suoi. Scendiamo quindi verso il centro, proprio dove si scorgono le luci: mille casette in legno tutte in fila ci sorridono sotto le luci di Natale, è un tripudio di scintillii bianchi e azzurri riflessi sulle acque calme della Ljubljanica. Rimaniamo a bocca aperta: il villaggio natalizio è proprio sotto il nostro splendido appartamento antico. Il Natale, la festa, la grande stella rotonda, il palco del concerto che si terrà stanotte, odori di cibo e cioccolata calda, bambini felici con berretti colorati che corrono lungo la strada fredda che straborda di gente. Nelle casette, artigiani sloveni, indiani, russi, peruviani espongono i loro lavori sorridendo. I nostri figli comprano gli hamburger e io osservo il castello su in alto che cambia colore nella notte. Campanili aguzzi di chiese allungate nel buio, ponti di lucciole, il blu notte delle acque tranquille. Ljubljana vuol dire ”L’Amata” ed è una città vitale e giocosa , con migliaia di appuntamenti culturali, arte, eventi, locali alternativi. Solo lungo la ‘nostra’ strada vi è uno strano teatro e varie piccole gallerie d’arte. E il posto ci affascina per altri due giorni, poi ripartiremo di mattina e i nomi delle piccole stazioni in mezzo ai pini e alla neve della vecchia Slovenia ci accompagnano con i loro nomi morbidi: Notranje Gorice, Preserje, Borovnica, Verd, Planina, Prestanak, sempre succeduti da ”Postaja”, stazione. Sappiamo tre parole di sloveno…Ma il cuore di Ljubljana ci segue verso casa.
(www.storierandage.blogspot.com)