I difensori hanno annunciato ricorso
di Augusto Mattioli
SIENA. Condannati con pene tra i cinque anni e dieci mesi e i sei anni e mezzo i cinque agenti della Polizia penitenziaria del carcere di San Gimignano per il reato di tortura, falso e minaccia aggravata nei confronti di un detenuto tunisino in isolamento per reati legati allo spaccio di droga.
Il fatto oggetto del processo accadde il 18 ottobre del 2018, durante un trasferimento da una cella ad un’altra.
Il collegio giudicante presieduto da Simone spina ha sostanzialmente accettato, dopo una camera di consiglio durata oggi per quasi sette ore, la linea del pm Valentina Magnini, che aveva chiesto condanne tra i sei e gli otto anni.
Annunciato il ricorso in appello da parte di Manfredi Biotti, legale di quattro dei cinque imputati. “Non comprendiamo quale è stato il ragionamento dei giudici, ne prendiamo atto. Vedremo le motivazioni e faremo appello. Certo è un segnale molto brutto”.
Per Michele Passione, legale del garante dei detenuti “Ciò che ci sembra importante, tenuto conto della doveroso rispetto alla presunzione di colpevolezza, è che il tribunale abbia tenuto l’accusa di tortura con una sentenza che qualifica tutti i fatti. Abbiamo sostenuto che il reato di tortura sia più grave, quando è commesso dal pubblico ufficiale, perché disegna un rapporto di potere che viene distorto, tradendo la fiducia che ognuno deve avere nelle forze di polizia, che sono nella massima composizione sane “.