Downgrade Italia, upgrade Caltagirone: la corsa a ostacoli di Viola
di Red
SIENA. Il nuovo ministro della giustizia, nonché avvocato di Francesco Gaetano Caltagirone, poteva avere in serbo un regalo della Befana per l’illustre condannato in primo grado, estromesso per conseguenza di legge dalla carica di vicepresidente MPS. Ecco il decreto legge che misteriosamente l’ex ministro Romani aveva firmato il giorno prima delle dimissioni del governo Berlusconi e che era rimasto in un cassetto fino a ieri. Caltagirone è sospeso anche dal Consiglio di Amministrazione di Generali: per ora le disposizioni del decreto, che non è retroattivo, lo rimetteranno in sella alla compagnia assicurativa triestina. A questo punto un semplice codicillo gli restituirà la poltrona a Rocca Salimbeni. Quindi tutto come prima, più di prima e il possibile disimpegno del costruttore romano – che veniva ipotizzato da qualche commentatore dopo la vendita di 35 milioni di titoli di qualche giorno fa – sembra destituito di fondamento.
Intanto a Roma la Sansedoni Spa sta per dare il via a un megaprogetto da 253mila mq di cementificazione (grattacieli compresi), chiamato edilizia residenziale in località Casal Boccone, a fianco della zona Talenti-Rinascimento (Mezzaroma), che in fatto di edilizia invenduta è un caso da manuale. Tanto da far insorgere i cittadini del IV Municipio romano che di questo ulteriore consumo di territorio non vorrebbero nemmeno sentire parlare. Progetta Urb.a.m. del gruppo Ligresti (che sta per andare in Unipol), costruirà Unieco, la cooperativa emiliana che possiede l’11,2% del capitale Sansedoni. Ricordate che non c’è più la Fondazione a coprire le perdite.
Fabrizio Viola, nelle sue prime dichiarazioni, ha sottolineato che l’utilizzo di Tremonti bond supplementari non è stato neppur preso in considerazione e che non ci sarà aumento di capitale. Ci permettiamo di dubitare sulla seconda affermazione, viste che dichiarazioni dello stesso tenore, accompagnate da minacce di querela, erano state nello stesso periodo del 2011 pronunciate dalla governance di MPS e sappiamo come se le siano rimangiate già in campagna elettorale e poi con la ricapitalizzazione estiva. Senza nemmeno chiedere scusa. L’avvento del nuovo manager sembrava aver dato respiro al titolo in borsa, ma sono bastati le voci di un declassamento deciso da Standard & Poor’s del rating francese, austriaco e italiano per innescare le vendite e far chiudere le contrattazioni con il titolo MPS a -5,47% euro 0,2195. Non importa dire che l’asta dei BTp triennali era stata un successo, con i rendimenti scesi al 4,83%, perché è stato un successo effimero. Ancora una volta l’agenzia di rating, almeno per quello che riguarda l’Italia, arriva in coda e in ritardo rispetto alle valutazioni che già aveva fatto il mercato nelle scorse settimane. Intempestivi, dopo le dichiarazioni dell’asse Monti-Merkel, anche perché da Palazzo Chigi non sono ancora arrivate le proposte per il rilancio economico del Bel Paese e quindi non si può dare un giudizio su quello che ancora non c’è. L’Italia ha una credibilità, per S&P, BB+ per “alto debito e bassa crescita”: sai la novità.
Se almeno il presidente del Consiglio, nell’ultimo mese, fosse riuscito a far pagare le tasse ai capitali italiani in Svizzera, come sono riusciti a fare i governi tedesco e inglese, e a spiegare a Marchionne che, volente o no, non si può sottrarre dal produrre automobili in Italia, in gran quantità e di ottima fattura, i problemi della crescita sarebbero in gran parte già risolti. Lo schiaffo americano sul rating ha ottenuto un effetto significativo: il ricompattamento degli Stati europei contro l’agenzia, seccamente accusata di “voler dettare l’agenda politica all’Europa”, con il ministro tedesco delle finanze Schauble a commentare “i giudizi delle agenzie di rating non vanno sopravvalutati”. Vedremo lunedì alla riapertura delle borse cosa succederà, intanto in Francia decine di attivisti del Parti de Gauche stanno manifestando davanti alla sede parigina di Standard & Poor’s: è risaputo che i francesi vanno per le spicce.
Il presidente Mussari afferma che fare il presidente di una banca “non è il suo lavoro”. Peccato! Se lo avesse detto prima lui sarebbe rimasto a fare il politico di piccolo cabotaggio, Antonveneta sarebbe rimasta al Santander e oggi MPS avrebbe potuto coprire l’aumento di capitale di Unicredit, tanto per fare un esempio, diventando la prima banca d’Europa. E alla domande dei cronisti su un futuro impegno politico Mussari ha risposto: “Non ho né la capacità né la cultura né l’intelligenza per ambire a tali vette”.
(Foto Corrado De Serio)