Siena è solo un punto di passaggio nella finanza mondiale
di Red
SIENA. Il titolo del 7 dicembre “Controtendenza MPS: titolo finalmente in ripresa?” aveva il punto interrogativo. Non era per gufare… Abbiamo sempre stigmatizzato la pesante e negativa influenza della politica nelle vicende finanziarie. Gli stupidi calcoli di un Papandreu, o di un Berlusconi o di un “anonimo funzionario del governo tedesco” prima e di Steffen Seibert, portavoce governativo, sortiscono solo effetti al ribasso sui mercati mondiali – senza cambiare l’essenza delle cose, anzi, peggiorandola. Meglio Zapatero, che in Spagna è riuscito a uscire di scena senza creare ulteriori danni al paese. Così, mentre lo spread andava giù e il titolo MPS (solo per fare un esempio) andava su, questo tizio mandato dalla Merkel faceva trapelare ai mercati un presunto “pessimismo tedesco” sui risultati del summit dell’8/9 dicembre, tale che gli investitori decidevano in cinque minuti di realizzare i guadagni sulle posizioni e chi se ne frega se la borsa girava in negativo. Prima si difendono i propri quattrini, poi si vede. La decisione di Morgan Stanley di ridurre il target price di MPS a 0,25 euro con rating underweight causa la riduzione delle stime sull’utile, come paventato già prima della presentazione della recente trimestrale, ha dato un colpo decisivo al pomeriggio di Piazza Affari, vanificando la buona partenza: Monte dei Paschi alle 9:04 faceva +3,43%!
Come si vede cattiva politica + pessimi banchieri producono ribassi che vanificano qualsiasi buona notizia o buona intenzione. I conti della giornata si fanno alla sera, quelli del breve periodo al venerdì. Giovedì dell’Immacolata le borse sono aperte, e basta uno spiffero proveniente da Bruxelles per capovolgere qualsiasi previsione. Non a caso Mario Draghi si è chiaramente espresso per “mantenere i politici europei sotto pressione per avere regole fiscali più strette e sanzioni automatiche”. E alla fine MPS ha perduto -5,66% tornando a euro 0,2917 con lo spread risalito a 395 punti base; e speriamo che sia solo una stasi temporanea e i due fatti che si attendono per questo weekend – cioè gli accordi nell’Eurozona e il taglio dei tassi di interesse da parte della Bce di almeno 0,25 punti – facciano riprendere la fiducia dei mercati e degli investitori.
Ancora un contributo per comprendere qualcosa sulle agenzie di rating. Ieri il governatore della Banca di Francia Christian Noyer ha sfruttato l’occasione per “chiedere a gran voce una riflessione sul ruolo che le agenzie di rating ricoprono nell’ambito della crisi debitoria dell’Eurozona”. Il dirigente, che è anche membro del consiglio dei governatori della BCE, ha spiegato in questo senso che “tali istituti sono stati uno dei motori della crisi del 2008. Siamo sicuri che non costituiscano un elemento negativo anche in quella attuale? Si tratta di una questione sulla quale abbiamo il dovere di riflettere”. L’uscita di Standard & Poor’s sulla tripla A l’ha poi definita “una bomba a orologeria”.
Le baruffe senesi intra moenia, per fortuna, NON incidono sull’andamento di borsa: i colpi di tosse dei politici locali sono passati inosservati. Non basta acquistare Antonveneta per NON essere una banca regionale, ci vogliono i banchieri, quelli veri. E i numeri, quelli veri, e i contratti firmati, quelli veri, per farci sapere quali strade hanno preso i 9 miliardi versati al Santander per uscire dall’Italia e per spiegare perché non c’era la “due diligence”, che avrebbe potuto proteggere Rocca Salimbeni da quell’ammasso di perdite che si è rivelata l’avventura padovana. Con la beffa di molti correntisti leghisti che hanno chiuso i loro rapporti con la banca perché erroneamente (?) credevano di aver a che fare con la banca dei “comunisti”. E l’altra beffa, quella del salatissimo conto presentato alla città di Siena nel giro di appena tre anni, dal quale non ci si risolleverà mai più.