di Giulia Tacchetti
SIENA. “Il presente è passato. Oggi vi racconterò una storia e per farlo avrò bisogno anche di voi”. Così Tommaso, figlio di Vincenzo Cantone, che per primo appare sulla scena, mette in moto la rappresentazione di “Mine vaganti” a teatro. Il regista Ferzan Ozpetek ci comunica così non solo la modalità narrativa in flash back, quindi la storia si è ormai conclusa, ma la felice intuizione con cui ha trasportato il film in teatro senza stravolgerlo: il coinvolgimento del pubblico attraverso il dialogo con gli attori che scendono in platea, trasformata nella piazza cittadina dove si sa tutto di tutti.
L’inevitabile confronto con il film del 2010, pluripremiato, è stata senza dubbio uno delle principali curiosità degli spettatori, che la regia, alla sua prima esperienza teatrale, soddisfa piacevolmente, perché, come ha modo di dire Pannofino, incontratosi con il pubblico nel foyer dei Rinnovati: – Il modo di raccontare (in teatro) è diverso, diverso il linguaggio. – Rispetto al film si punta sul lato divertente della pièce, con una narrazione vivace ed un ritmo dinamico, grazie anche alle scene di Luigi Ferrigno, mantenendo fedele il testo al film. Il teatro è fatto soprattutto di parole, mentre il linguaggio cinematografico si avvale spesso dei primi piani. Forse ci è mancata la scena della nonna (interpretata in teatro da Simona Marchini) davanti allo specchio, mentre mangia un quantitativo proibito per la sua salute di dolci, che le procurerà la morte. Ma solo per un attimo, perché sia le capacità attoriali di tutta la compagnia, dando luogo ad una coralità in cui è difficile distinguere un primo attore, sia il coinvolgimento del pubblico, con gli attori che scendono in platea, ora piazza di una cittadina del sud (il dialetto usato è della Campania), ora invasa dalle luci di una discoteca, sia il divertentissimo spettacolo gay, che rimanda al film “Il vizietto”, dalla musica coinvolgente, soddisfano pienamente il pubblico presente di tutte le età. La musica trascinante, unita ai balli caraibici, il tango e il cha cha cha ( la compagnia canta “Una notte a Napoli tra la luna ed il mar…”) fanno veramente dimenticare il film. Chi meglio di Francesco Pannofino poteva interpretare con la sua simpatia, la sua carica istrionica il dramma del padre Vincenzo Cantone, quando gli viene rivelata l’omosessualità dal figlio Antonio (Carmine Recano)?
Splendida Simona Marchini nei panni della nonna, la mina vagante che se ne va. Le mine vaganti servono a sistemare le cose in posti diversi da quelli consueti e quindi a cambiare. Il tema dell’omosessualità emerge con forza, insieme a quello del diverso e dell’accoglienza. La commedia racconta la deflagrazione di una famiglia borghese del Sud quando il figlio primogenito, che dirige l’azienda di famiglia, abbandona tutto dichiarando la sua omosessualità e costringendo il secondogenito al silenzio. Infatti anche lui ha scoperto la sua vera sessualità vivendo a Roma e scrivendo romanzi, anche se fa finta di studiare all’Università. Decide di dire tutto ai genitori, ma il fratello lo batte sul tempo. All’interno della famiglia c’è uno sconvolgimento: il padre ha un infarto, la madre si convince che il figlio non ha raccontato la verità, perché altrimenti si sarebbe visto “Manco sculettava”. La moglie spinge il marito ad uscire per affrontare la piazza della cittadina: – Un po’ di sana ipocrisia. Nella vita non c’è di meglio che far finta di niente. – Vincenzo Cantone fra il pubblico incita: – Ridi!! Ah ah ah. Tutto ok. Ah ah ah!! – In mezzo alle risate nasce il clima pirandelliano dell’umorismo. Questa è la carta vincente di Ozpetek a teatro. Fa riflettere l’intervento della domestica Teresa (Mimma Lovoi) : – Commendatò, ci sono disgrazie più gravi, la morte, la carestia la peste. – Ecco il messaggio finale della pièce: il rispetto di sé e degli altri, donne e uomini, l’accettazione del diverso. La fine della rappresentazione spinge a pensare proprio questo. L’intervento degli amici e del compagno di Tommaso con i loro comportamenti sconcertanti rivelano quello che Tommaso non è riuscito ancora a dire direttamente, e piano piano la famiglia intuisce e…accetta. Prima della morte è preferibile la vita per un figlio, anche se non realizza ciò che i genitori vorrebbero. Bisogna volere bene.