Convulsi i movimenti in borsa per combattere una difficile partita mondiale
di Red
SIENA. A ulteriore conferma, se mai ce ne fosse stato bisogno, della natura fondamentalmente politica di questa crisi economica arrivano nella giornata di lunedì due notizie. La prima viene dalla garanzia offerta dai governi francese e tedesco sulla loro capacità di affrontare la crisi greca in relazione alle difficoltà delle loro banche nazionali, infarcite di titoli di stato ellenici. La seconda, invece, spiega la particolare crisi italiana. Studiando la nostra manovra economica la Ue ha sentito il bisogno di avvertirci che “nuove misure sarebbero necessarie”, se il saldo delle entrate fiscali fosse inferiore alle attese. Cioè se il governo risulterà aver sopravvalutato la lotta all’evasione fiscale, chiariamo noi. La nostra furbissima classe dirigente non ha gabbato alcun operatore finanziario, e sì che gli avvenimenti degli ultimi mesi dovrebbe aver fatto comprendere a Tremonti e soci che sui mercati azionari l’anello al naso non ce l’ha nessuno. Poi in giornata si diffonde la notizia che il report che contiene la “raccomandazione” è vecchia di qualche giorno. L’indice Ftse Mib ha chiuso in calo del 3,89% a 13.474 punti, poco distante dai minimi di giornata, mentre il Ftse All Share ha terminato le contrattazioni con una flessione del 3,24% a 14.429 punti. A guidare la caduta di Piazza Affari sono stati i titoli delle due principali banche italiane: Unicredit e Intesa Sanpaolo. Dopo una serie di sospensioni i due titoli hanno chiuso rispettivamente in calo del 10,91% a 0,6860 euro e del 9,54% a 0,8680 euro. Entrambi i titoli hanno pagato l’ondata di vendite partita da Parigi, dove a essere sotto scacco sono stati i titoli Société Générale, BNP Paribas e Credit Agricole, tutti in calo di oltre il 10% dopo indiscrezioni di un prossimo taglio del rating prevista da Moody’s. Non si è infatti fermato il processo di allargamento del differenziale di rendimento tra Btp decennale e Bund tedeschi di pari scadenza.
MPS ha contenuto le perdite toccando tuttavia il nuovo minimo storico con il titolo a euro 0,35 nonostante il via libera del Cda alla vendita di Montepaschi Monaco Sam, come riportato in altro articolo. Ma l’indice che dimostra la sfiducia dei mercati nella politica è lo spread. Il differenziale tra Bund e BTp si è avvicinato ai livelli record toccati a inizio agosto a 389 punti base: siamo così arrivati a 382,9 punti base, quasi 20 punti in più dei 363 di venerdì. Miliardi di euro di manovra economica che vengono “evaporati in una nuvola bianca” e tendono, per il momento tendono ma presto si tradurranno in interessi da pagare, ad annullare i benefici sperati sui conti pubblici italiani.
Secondo il Financial Times che ha diffuso la notizia ieri sera, con un colpo di reni, il governo Berlusconi avrebbe organizzato la scorsa settimana un incontro tra il ministro Tremonti con operatori cinesi che dovrebbero investire in titoli di stato italiani, dopo che una missione giudata da Vittorio Grilli era stata in Cina per trattare le condizioni.Il fondo cinese in questione si chiama Cic, ed è proprietario, tra l’altro, del 9,9% di Morgan Stanley, banca d’affari sempre in contatto con il Monte. Il capo del governo è a Strasburgo, per relazionare della cosa all’Ue. Ne ha beneficiato immediatamente il Dow Jones, che ha chiuso in segno più, trascinando nella notte le borse asiatiche a una nuova ondata di acquisti. Oggi si spera in un rimbalzo positivo, specialmente dei bancari. Si dice tra i capannelli in Banchi di Sopra che si starebbe trattando con i cinesi anche il cavaliere bianco che scenda a salvare la banca senese, l’Abi di Mussari è in prima fila nelle trattative insieme alla Cassa Depositi e Prestiti nella persona del presidente Franco Bassanini, già indicato come candidato a sostituire Mancini al vertice della Fondazione la prossima primavera. La concorrenza non manca: era presente agli incontri anche il direttore generale di Unicredit, Nicastro, altra banca bisognosa di ricapitalizzazione ingente. MPS si dimostra sempre più in difficoltà: non fa sapere quando restituirà i Tremonti bond. Vende la società monegasca. Perciò da ultimo, per salvare i conti presenti, sembra in dirittura d’arrivo la vendita della quota dell’1,9% detenuta in Mediobanca dalla Fondazione MPS, uscendo così dai quei salotti buoni della finanza nazionale, tanto agognati nel passato per uscire dal “provincialismo toscano”. Solo per fare cassa, benché le indiscrezioni parlino di “nuovi indirizzi di diversificazione” formulati dalla Fondazione nelle sue linee programmatiche decise nel fine settimana a Palazzo Sansedoni.
Spogliarsi degli ultimissimi gioielli di famiglia, in silenzio. Forse ancora una volta saranno i proventi extra a salvare i bilanci, ma ormai siamo non alla frutta, ma all’ammazzacaffè. Bilanci forse salvi, ma la minusvalenza della vendita delle azioni Mediobanca, di quale entità sarà? Gli analisti finanziari, ai clienti che hanno perdite consistenti su un titolo, consigliano di tenere in attesa dei tempi migliori. Ma non vale ciò per la nostra Deputazione? I gruppi di opposizione in consiglio comunale fanno così, dopo i loro comunicati stampa di critica soft al documento approvato qualche giorno fa dalla giunta Ceccuzzi, la figura di “persone disinformate dei fatti”, che avessero capito altre cose. Tutta la provincia senese sembra planare verso il fallimento collettivo: oltre ai debiti della Fondazione, di cui non si conosce l’entità reale, ci sono i mutui fatti da Università, Ospedale, piccole e grandi Amministrazioni Comunali della provincia e coperti fino a oggi dalla “generosità” della Fondazione di Mancini. Troppi soldi per il dissesto attuale.