SIENA. Sabato 11 giugno si è svolta nella Sala della Suvera dell’Accademia dei Rozzi, la conferenza sul lavoro italiano in Eritrea dal 1935 al 1975 e gli sviluppi contemporanei. Un evento sotto l’egida dell’Accademia dei Rozzi, rappresentata da Marco Fedi, che ha aperto la serata con il suo saluto istituzionale e con sentite parole di augurio a nome suo e dell’Arcirozzo Alfredo Mandarini.
Grazie all’importante contributo dei relatori si è potuto assistere a una serata nella quale si è parlato di storia, di un uomo, degli italiani e del loro lavoro. Un regalo alla curiosità ed alla sete di memoria non soltanto di eritrei ed italiani che insieme resero possibile certi miracoli economici ed architettonici e non solo, ma anche di quanti con la figura del protagonista Aurelio Bolognesi avevano un legame familiare. Era giusto e dovuto che questo risarcimento con la storia venisse fatto e il successo della conferenza non è dovuto all’opera di uno ma di tutti coloro che vi hanno preso parte, nonostante il sabato estivo e la concomitanza di altri importanti eventi cittadini.
Il primo relatore Pasquale Santoro, imprenditore, nato e vissuto in Eritrea fino alla caduta dell’imperatore Hailè Selassiè per mano del colpo di stato militare che salì al potere nel marzo 1975, ha raccontato con esattezza le vicende del lavoro italiano in Eritrea sia durante il periodo coloniale che negli anni successivi fino all’espropriazione dei beni per mano dei militari del Derg alla metà degli anni Settanta. Ha reso evidente come a Massaua sbarcarono bellezza, intelligenza, caparbietà e determinazione, indipendentemente dai settori di lavoro ai quali gli italiani parteciparono e questo li ha sempre riempiti d’orgoglio per quanto sono riusciti a realizzare in tutta l’Eritrea. Gente onesta che si è prodigata nel lavoro ed ha fatto crescere i propri figli nelle asprezze del territorio e nel rispetto degli abitanti locali, fino a sentire quella terra lontana come la seconda patria. Un racconto di esperienze personali e cumulative che non recitano solo dati e informazioni, ma anche tanto sentimento.
Il secondo relatore, Filippo Bovo, giornalista direttore editoriale de l’Opinione Pubblica, si è soffermato invece sull’evoluzione del periodo dell’annessione dell’Eritrea all’Etiopia e sulla situazione attuale dell’Eritrea, i suoi programmi e i suoi sviluppi. Una ricostruzione cronologica degli eventi fatta con una esposizione attenta e precisa. Ha anche posto l’accento su come oggi la nazione africana è diventata un punto di riferimento non solo nel Corno d’Africa ma in tutto il movimento panafricano.
Vito Zita, riallacciandosi ai temi trattati in precedenza, ha parlato del libro Il molo Dux di Massaua e altre opere di Aurelio Bolognesi, esponendo una rivisitazione storica del lavoro italiano in Eritrea resa attraente con il racconto di una storia privata, quella di Aurelio Bolognesi, geometra dell’Ufficio Opere Pubbliche del Governo dell’Eritrea negli anni Trenta. La sua figura professionale si intreccia con la storia, a volte tragica, della sua famiglia e con il contesto storico nel quale ha vissuto ed operato e con la costruzione del suo più importante progetto professionale, il Molo Dux nel porto di Massaua, ma anche di tutte le altre opere pubbliche alle quale il protagonista del libro è stato protagonista fin dagli anni Dieci del XX secolo come gli interventi al porto di Chioggia e a quello di Ortona negli anni Venti, il nuovo acquedotto Massaua-Moncullo (1938), il faro costruito nell’isola di Doumeira del Mar Rosso (1938), gli interventi della ricostruzione del porto di Napoli (1948-1949), la variante alla SS. 7 Appia nei pressi di Avellino nel 1963. Oltre la presentazione descrittiva del libro è stata utilizzata la proiezione di numerose foto dei lavori diretti da Aurelio Bolognesi e da lui conservate. Un patrimonio iconografico inestimabile, inserito nel libro, soprattutto perché foto totalmente inedite.
L’ultimo relatore, Andrea Bolognesi, generale dell’esercito in quiescenza e nipote di Aurelio protagonista del libro, ha messo in evidenza non solo la figura del nonno Aurelio, riguardo alla sua attività politica e professionale, ma anche la storia della sua famiglia, citando commoventi episodi densi di significato del suo rapporto con lui, della disperazione dei nonni per il figlio Riccardo, suo padre, prigioniero di guerra degli inglesi in Kenya che traspare dalle lettere inviate alla famiglia durante gli anni del dopoguerra, mentre Aurelio e la moglie Olga erano ancora residenti ad Asmara. Insomma la storia di una famiglia, anche per immagini, che ha vissuto in un momento particolare della storia d’Italia percorsa dal fascismo, che ad un certo punto fu trasferita in Eritrea per gli impegni professionali di Aurelio Bolognesi per occupare una carica di rilievo sia all’interno dell’Ufficio Lavori Pubblici del Governo dell’Eritrea.