Intervento del segretario generale Riccardo Pucci. "Sacca di lavoro mal retribuito è situazione che denunciamo da tempo. Direttiva europea è opportunità per debellare lavoro nero e mal pagato"
SIENA. “Applicare un “salario minimo” stabilito per legge sganciato dalla contrattazione collettiva e senza la protezione dei contratti è un passo indietro e rischia di aumentare il divario fra lavoratori delle grandi aziende e quelli delle piccole, rischia di cancellare il welfare aziendale e altri istituti di protezione come le ferie, la formazione, retribuzioni aggiuntive”. Lo sottolinea il segretario generale della Cisl Siena Riccardo Pucci intervenendo sulla proposta di introduzione del salario minimo spiegando come “all’improvviso ci si rende conto che in Italia esiste una sacca di lavoro mal retribuito e ai margini della legalità dettato dell’applicazione di contratti pirata, spesso sottoscritti a livello locale senza regole e senza riferimenti. Un fenomeno che la Cisl denuncia da tempo ma forse solo oggi con la direttiva europea sul salario minimo, che va nella direzione giusta prevedendo misure di modulazione sui bisogni e sulle caratteristiche economiche, sociali di ogni paese membro, diventa un tema che possiamo affrontare con gli strumenti giusti. Una opportunità per mettere ordine e debellare il lavoro nero e mal pagato”.
“Su questo tema molto delicato riteniamo interessante la proposta del Ministro Andrea Orlando che prevede una retribuzione minima oraria legata stabilmente ai contratti, dando valore a quanto prevedono i CCNL sottoscritti da organizzazione sindacali e aziende tenendo conto, a livello nazionale dei sindacati maggiormente rappresentativi e, su questo tema basta prendere i dati inps a fare riferimento agli accordi “leader” di ogni singolo settore”.
“Riteniamo questa la via maestra da percorrere se si vuole davvero debellare il lavoro nero e precario e dare una risposta definitiva ai circa 4 milioni di lavoratori che hanno paghe basse e contratti di comodo. Valorizzare la contrattazione collettiva ed estendere i contratti maggiormente rappresentativi a tutti i lavoratori con la legge a fare da supporto per agevolare questo percorso. Occorre, inoltre, aprire subito un tavolo di contrattazione e affrontare il problema tenendo conto che non possiamo parlare solo di salario minimo ma dobbiamo attenzionare anche quello massimo in quanto l’Italia e uno dei paesi europei dove gli stipendi sono bassi e non rapportati al lavoro svolto”.
In Italia oltre l’80% dei lavoratori è tutelato dall’applicazione dei contratti nazionali che vanno ben oltre una “paga minima” e rispondono in maniera adeguata alle esigenze e ai bisogni per ogni singolo settore. Negli ultimi due anni, quelli della pandemia, l’Italia, tuttavia, ha perso circa 39,2 miliardi di salari, il risultato peggiore dei paesi europei abbassando le retribuzioni che oggi ci vedono a metà classifica ma ultimi rispetto ai paesi maggiormente industrializzati.
“Occorre alzare gli stipendi adeguandoli all’Europa e allargare diritti e tutele per tutti. Non basta dire applichiamo il salario minimo; anzi, sarebbe la condanna dei lavoratori senza un contratto di riferimento e senza diritti” conclude Pucci.