Nella legge viene dato spazio anche alla possibilità di costituire organizzazioni di produttori
SIENA. A un anno dal loro tour tra le aziende di agricoltura sociale della Toscana, i deputati del Partito democratico, Susanna Cenni e Massimo Fiorio, hanno depositato una proposta di legge che istituisce una normativa quadro per favorire lo sviluppo di un settore che oggi più che mai assume rilevanza sia per il comparto e per il reddito agricolo, che per il settore sociale. Il testo è stato firmato anche dai deputati Pd, Carlo Emanuele Trappolino, Nicodemo Nazzareno Oliverio, Angelo Zucchi, Luciano Agostini, Marco Carra, Antonio Cuomo, Gian Pietro Dal Moro, Siro Marrocu, Mario Pepe, Giuseppina Servodio, Luca Sani e Sandro Brandolini.
La proposta di legge è composta da sette articoli che hanno l’obiettivo di disciplinare e promuovere l’agricoltura sociale, ovvero l’utilizzo dell’azienda agricola per fini sociali, come la riabilitazione e il recupero di soggetti svantaggiati, l’inserimento lavorativo per le persone con bassa contrattualità e la promozione di attività didattiche. “Si tratta – commenta l’onorevole Cenni – di una possibilità importante per il nostro Paese, già sperimentata in alcune nostre Regioni (Toscana, Lazio, Piemonte, Marche), che consente di diversificare l’attività agricola, specie in quelle aree marginali o montane, in cui la redditività delle imprese agricole è in difficoltà e, contestualmente, la razionalizzazione dei servizi vede il rischio di uno svuotamento e un abbandono dei Paesi stessi. Le iniziative che si muovono in questa direzione hanno il doppio vantaggio di supportare il reddito agricolo dando la possibilità di integrare la produzione con attività sociali rivolte alle persone che, per vari motivi, sono rimaste ai margini della società, o fornendo servizi alle popolazioni, com ad esempio gli ‘agrinidi’. Durante il tour fatto lo scorso anno, ascoltando la voce di operatori sociali e delle imprese agricole, con l’onorevole Fiorio ci siamo resi conto che è utile allo scopo una normativa quadro che regolamenti questo settore e che ne stabilisca strumenti di promozione e di sostegno. Secondo alcune stime sono più di 750 le aziende agricole sociali sparse sul territorio nazionale, di cui 450 sono cooperative sociali che possono svolgere attività produttive finalizzate all’inserimento lavorativo di soggetti svantaggiati. Un settore importante, quindi, che sta acquisendo una certa consistenza, ma che incontra ancora numerose difficoltà, soprattutto nelle fasi di avvio e in ambito fiscale”.
“La nostra proposta di legge – continua Cenni – si propone di creare una normativa quadro che definisca cos’è l’agricoltura sociale, riconoscendone le caratteristiche di multifunzionalità e stabilendo i requisiti essenziali per l’accreditamento degli operatori e le procedure per l’avvio delle attività. Nella legge viene dato spazio anche alla possibilità di costituire organizzazioni di produttori, con un minimo di tre operatori e un volume di produzione commercializzata di almeno 90 mila euro all’anno. Con questa legge si vogliono dare delle indicazioni precise anche in ambito fiscale, equiparando i locali utilizzati per le attività di agricoltura sociale con quelli a uso rurale, oltre ad indicare interventi di sostegno per lo sviluppo di questo settore. Abbiamo ritenuto necessario, infine, inserire l’istituzione di un Osservatorio su questo settore e un Fondo per lo sviluppo dell’agricoltura sociale destinato alla sperimentazione e al sostegno di progetti innovativi in questo ambito”.
“Le attività svolte dalle aziende agricole sociali – conclude Cenni – consentono di aiutare, attraverso attività rurali, persone con disabilità fisiche, psichiche o mentali, giovani con problemi relazionali o di apprendimento, soggetti socialmente svantaggiati, come tossicodipendenti o disoccupati di lungo periodo, ma anche malati terminali, anziani e bambini in età scolare e prescolare. Rientrano nel quadro anche le esperienze avviate da alcuni istituti carcerari tramite azienda agricola. Una risorsa, quindi, con un buon potenziale, che necessita però, al più presto, di regole chiare, precise e coordinate per poter contribuire allo sviluppo del nostro Paese sia nell’ambito economico che in quello sociale. Una risorsa che in Toscana ha già prodotto alcune mostranti esperienze”.