Le lettere che si stagliano sui frammenti di carta derivano dal testo di una poesia scritta dall'artista e successivamente strappata, perdendo irrimediabilmente l'unità testuale presente solo in forma di ricordo nella sua mente".SIENA. Mercoledì (4 marzo) alle ore 18,30, nel Palazzo di San Galgano sede della Facoltà di Lettere e Filosofia, sarà inaugurata la mostra TEO de PLAMA scintilla, tremola, trapassa, nuovo appuntamento della rassegna SanGAlganoSquare, curata da Massimo Bignardi e organizzata nell'ambito delle attività della Cattedra di Storia dell'Arte Contemporanea del corso di Laurea specialistica in Storia dell'Arte e patrocinata dal Comune di Siena nell'ambito del programma promosso dall'assessore alla cultura Marcello Flores d'Arcais.
Un incontro con la primavera, l'inizio di una danza rituale che porterà alla rinascita della terra, è quanto Teo de Palma, artista pugliese affermatosi nell'inquieto clima degli anni Ottanta, ha progettato per lo spazio del Palazzo di San Galgano.
"È il rito che accompagna i processi dell'Arte – sottolinea il preside della facoltà di Lettere e Filosofia, prof. Roberto Venuti – che oggi si rinnova nell'entusiasmo degli studenti: giovani che vogliono confrontarsi e dialogare con il mondo della propria professione, cercando di intercettare nuove prospettive al futuro".
"De Palma con questa installazione – scrive Claudia Mennillo nel catalogo pubblicato per l'occasione da Claudio Grenzi Editore – creata per il luogo, si misura con uno spazio fortemente caratterizzato tipologicamente e con un tempo impregnato di storia e vissuto dalla quotidainatà degli studenti".
L'opera si sviluppa a partire dal dialogo intessuto con l'architettura, non solo contenitore e scenografia ma imput per riconquistare la progettualità di un luogo e confrontarsi con esso, con gli individui, con le idee, con l'immaginario collettivo. De Palma disegna lo spazio attraverso la materia viva e pulsante del suo profondo antropologico: la poesia, l'acquerello, la grammatica astratta. L'installazione è costituita da una serie di veli di tulle, che si integrano all'architettura, vi dialogano, la modificano, dando vita ad una scala ideale verso l'ulteriorità o, meglio, una sequenza dei tracciati della memoria che si manifesta nella sospensione dei veli posti a pardigma dei livelli e delle stratificazioni della mente.
Gli schermi di tulle, di diversi colori – rosso, verde, blu, … – richiamano gli elementi primari, fuoco, terra, acqua e aria. La tessitura è stretta, dichiarata da una trama di foglie secche, foglie dipinte ad acquerello, frammenti di carta su cui campeggiano delle lettere, petali di rose bianche e rosse, dischi, gocce di vetro e di specchio dipinti. Presenze organiche ed elementi del mondo artificiale, richiami naturalistici e giochi di riflessi: memoria della natura, dei suoi colori e memoria dell'uomo rintracciabile nelle lettere, codificazione dei popoli necessaria per la comunicazione universale, il tutto inserito in una dimensione narrativa dai toni lirici. La natura richiamata da De Palma non deve essere letta come "origine della nostra esistenza – ha osservato Massimo Bignardi – bensì come ragione della nostra esistenza": natura come pietra di paragone per riuscire a capire chi siamo.
L'inserimento della cifra naturalistica è un'operazione concettuale; l'artista non intende riprodurre la realtà sulla scia di una rappresentazione percettiva, piuttosto, vuole utilizzare l'elemento naturale per rimandare ad un "luogo" antropologico della memoria. C'è un continuo rimando tra vero e falso: foglie prelevate direttamente in natura che si confrontano e si scambiano con quelle dipinte, specchietti che rimandano a sfere acquose, petali artificiali che fingono la realtà. Nella decorazione dei frammenti di vetro si ravvisa l'ammiccamento ad una cifra del passato, il riaffacciarsi di quelle macchie astratte di matrice kandinskiana che l'artista aveva da tempo abbandonato: è colore che si libera dalla forma per assumere sembianze organiche, tradurre l'emozione interiore, le sensazioni che prova l'artista nel compiersi del processo pittorico. I dischi rimandano ai vocaboli di un lessico caro a De Palma, sono la declinazione in terza dimensione di quelle sfere che affiorano nei suoi lavori dei primi anni Novanta e che assumono di volta in volta sembianze di gocce, biglie di vetro, lacrime, rugiada, perle, infine stelle.
La mostra resterà aperta fino al 29 marzo.
Un incontro con la primavera, l'inizio di una danza rituale che porterà alla rinascita della terra, è quanto Teo de Palma, artista pugliese affermatosi nell'inquieto clima degli anni Ottanta, ha progettato per lo spazio del Palazzo di San Galgano.
"È il rito che accompagna i processi dell'Arte – sottolinea il preside della facoltà di Lettere e Filosofia, prof. Roberto Venuti – che oggi si rinnova nell'entusiasmo degli studenti: giovani che vogliono confrontarsi e dialogare con il mondo della propria professione, cercando di intercettare nuove prospettive al futuro".
"De Palma con questa installazione – scrive Claudia Mennillo nel catalogo pubblicato per l'occasione da Claudio Grenzi Editore – creata per il luogo, si misura con uno spazio fortemente caratterizzato tipologicamente e con un tempo impregnato di storia e vissuto dalla quotidainatà degli studenti".
L'opera si sviluppa a partire dal dialogo intessuto con l'architettura, non solo contenitore e scenografia ma imput per riconquistare la progettualità di un luogo e confrontarsi con esso, con gli individui, con le idee, con l'immaginario collettivo. De Palma disegna lo spazio attraverso la materia viva e pulsante del suo profondo antropologico: la poesia, l'acquerello, la grammatica astratta. L'installazione è costituita da una serie di veli di tulle, che si integrano all'architettura, vi dialogano, la modificano, dando vita ad una scala ideale verso l'ulteriorità o, meglio, una sequenza dei tracciati della memoria che si manifesta nella sospensione dei veli posti a pardigma dei livelli e delle stratificazioni della mente.
Gli schermi di tulle, di diversi colori – rosso, verde, blu, … – richiamano gli elementi primari, fuoco, terra, acqua e aria. La tessitura è stretta, dichiarata da una trama di foglie secche, foglie dipinte ad acquerello, frammenti di carta su cui campeggiano delle lettere, petali di rose bianche e rosse, dischi, gocce di vetro e di specchio dipinti. Presenze organiche ed elementi del mondo artificiale, richiami naturalistici e giochi di riflessi: memoria della natura, dei suoi colori e memoria dell'uomo rintracciabile nelle lettere, codificazione dei popoli necessaria per la comunicazione universale, il tutto inserito in una dimensione narrativa dai toni lirici. La natura richiamata da De Palma non deve essere letta come "origine della nostra esistenza – ha osservato Massimo Bignardi – bensì come ragione della nostra esistenza": natura come pietra di paragone per riuscire a capire chi siamo.
L'inserimento della cifra naturalistica è un'operazione concettuale; l'artista non intende riprodurre la realtà sulla scia di una rappresentazione percettiva, piuttosto, vuole utilizzare l'elemento naturale per rimandare ad un "luogo" antropologico della memoria. C'è un continuo rimando tra vero e falso: foglie prelevate direttamente in natura che si confrontano e si scambiano con quelle dipinte, specchietti che rimandano a sfere acquose, petali artificiali che fingono la realtà. Nella decorazione dei frammenti di vetro si ravvisa l'ammiccamento ad una cifra del passato, il riaffacciarsi di quelle macchie astratte di matrice kandinskiana che l'artista aveva da tempo abbandonato: è colore che si libera dalla forma per assumere sembianze organiche, tradurre l'emozione interiore, le sensazioni che prova l'artista nel compiersi del processo pittorico. I dischi rimandano ai vocaboli di un lessico caro a De Palma, sono la declinazione in terza dimensione di quelle sfere che affiorano nei suoi lavori dei primi anni Novanta e che assumono di volta in volta sembianze di gocce, biglie di vetro, lacrime, rugiada, perle, infine stelle.
La mostra resterà aperta fino al 29 marzo.