La residenza a Montecarlo è solo un alibi per evadere il fisco

di Red
SIENA. Martedì 3 aprile al Consiglio comunale di Siena mancava, di presenza fisica e di voto, il candidato sindaco del Pdl Alessandro Nannini. Non è dato sapere il motivo ufficiale, certo è che a noi risulta come la sua attenzione fosse rivolta verso altri problemi personali. Infatti in quelle stesse ore la Cassazione ha deciso che l’ex pilota di F.1 deve pagare le tasse in Italia per il semplice motivo che la sua residenza a Montecarlo è solo di facciata: infatti, secondo la Corte, gli accertamenti fiscali hanno chiaramente dimostrato che l’Italia è “il centro dei suoi affari e interessi economici e morali”. La Cassazione rileva anche “il pieno coinvolgimento di Alessandro nelle vicende economiche e morali della sua famiglia e delle società ad essa facenti capo”. Nannini ha tentato in tutti i modi di dimostrare di essere operativo fuori dall’Italia, presentando anche l’iscrizione all’anagrafe degli italiani all’estero: la risposta è stata glaciale “non è elemento determinante per escludere la residenza fiscale nel nostro paese”. Così la Corte non gli ha creduto, condannandolo a pagare una pendenza di 25 mila euro su redditi del 1997.
La sentenza 5382 della Cassazione ha voluto confermare un principio per tutti e non solo per Alessandro Nannini: Montecarlo non è un paradiso fiscale se l’imprenditore vi ha solo la residenza, ma il centro dei suoi affari è in Italia.
Ai fini del prelievo Irpef, infatti, rileva il luogo dove il contribuente ha i suoi interessi economici e morali: è stato dimostrato, tra l’altro, dal fatto di “aver ricoperto, per dieci anni, cariche sociali in ben 13 società aventi sede legale in Siena e provincia, sottoscrivendo personalmente, numerosi atti societari. Nonché dal fatto che, nell’anno oggetto di verifica, era stato intestatario o co-intestatario di numerosi conti correnti bancari. Che, in particolare, in due anni aveva erogato finanziamenti a favore di una delle suddette società, mentre da un’altra aveva ricevuto un compenso in qualità di consigliere. Inoltre Nannini è risultato essere rappresentante per l’Italia di una società residente in Gran Bretagna ma con domicilio fiscale in Italia e che quale pilota aveva stipulato vari accordi di prestazioni sportive con società italiane”.
Per Nannini, ora, potrebbero arrivare accertamenti per gli anni seguenti al 1997, con aggravio di spese ben superiore ai 7000,00 euro sborsati oggi per aver portato l’Agenzia delle Entrate fino alla Cassazione. Forse non avrà tempo di pensare al bene della città, ma -si sa – gli imprenditori hanno le aziende da seguire. Ma allora si astengano dall’agone politico, specie in questi tempi difficili.