Un Paese costretto a manifestare per far sentire la voce dell'opposizione è davvero un Paese democratico?
di Mauro Aurigi
SIENA Mi hanno sempre dato un po’ fastidio le manifestazioni di piazza perché le ho sempre ritenute il segno dell’arretratezza di un paese. Talvolta, lo riconosco, sono necessarie (vi ho partecipato anch’io). Ma anche quando diventa necessario e giusto scendere in piazza (o salire in montagna), non è un buon segno. Vuol dire che il paese è sotto un regime corrotto e autoritario. Un paese civile e evoluto è sempre anche un paese dove non si fanno manifestazioni politiche di piazza. Lì il politico, quando sbaglia o quando abusa del suo potere, non c’è bisogno di cacciarlo a suon di piazzate: se ne va da solo, magari schiacciato dalla vergogna perché è venuto a galla che la moglie per un paio di mesi ha retribuito la colf in nero (è successo). Insomma le manifestazioni di piazza sono la cartina al tornasole per misurare la civiltà di una comunità: quanto più sono frequenti e quanto più sono esagitate, tanto più quel paese è arretrato. Se le manifestazioni sono civili e serene (negli USA per esempio) si può stare certi che quel paese è più evoluto, se non ce ne sono affatto (Svizzera, Olanda, Paesi scandinavi ecc.) allora vuol dire che siamo al massimo vertice della civiltà possibile.
Tutti abbiamo visto, non solo ora in Egitto o in Tunisia, ma da decenni in quasi tutti i Paesi musulmani dal Libano all’Iraq o all’Afghanistan, folle di uomini dalle facce congestionate e urlanti, i pugni alzati in segno di minaccia, bucare il piccolo schermo. Il mio pensiero andava agli Svedesi e mi dicevo: no, no, proprio non ce li vedo a fare una manifestazione del genere anche nella più impellente delle necessità.
SE LA MAGGIORANZA MANIFESTA CONTRO L’OPPOSIZIONE
E in Italia? L’Italia è da sempre il paese delle manifestazioni: tante, troppe, più che in ogni altro paese dell’Occidente. Infatti siamo messi male, da sempre. Però sono manifestazioni abbastanza calme tranne nei casi, non frequenti, di infiltrazioni di frange provocatrici. Infatti non siamo ridotti male come in Egitto, ma siamo ben lungi dalla serena agiatezza della Svezia. Tuttavia in Italia da qualche anno, forse da un decennio, a proposito di manifestazioni assistiamo a un fenomeno molto, anzi troppo inquietante. Mi spiego.
Le manifestazioni da che mondo è mondo, e comunque almeno dall’antica Roma, si fanno contro il potere. E’ il debole che si ribella al più forte. Ma qui in Italia può capitare, come è successo il 12 febbraio a Milano (ma non è la prima volta), che sia invece il potere, tramite il giornalista Giuliano Ferrara, a organizzare manifestazioni. Contro chi? contro Marchionne? gli gnomi della finanza globale? i bamboccioni? i fannulloni? Macché! Il potere, ossia la maggioranza, ha manifestato contro l’opposizione, ossia contro la minoranza, ossia contro i più deboli. Non succede in nessun paese democratico, perché chi ha il potere non ha alcuna necessità di manifestare il proprio dissenso contro chicchessia. Ma se lo facesse – come lo fa in Italia – allora darebbe la più plateale delle dimostrazioni di essere un governo fascista (voglio precisare che per me erano fasciste anche le grandi manifestazioni organizzate dal governo bolscevico a Mosca o ancora oggi da quello maoista a Pechino).
Infatti ieri come oggi tutti i governi più o meno fascisti organizzavano e organizzano manifestazioni a proprio sostegno e contro nemici più o meno reali. Senza scomodare Mussolini o Hitler, credo che tutti ci ricordiamo le folle urlanti e perfino piangenti inneggianti a Saddam Hussein o Evita Peron o Idì Amin Dadà. Se questo risuccede anche in Italia dobbiamo avere tutte le ragioni per essere non preoccupati, ma seriamente preoccupati.
E A SIENA? DALLA PADELLA NELLA BRACE
Invece non passa giorno che qualche buonista dell’opposizione, ossia della minoranza, si sprechi in dichiarazioni rassicuranti del tipo “non è vero che siamo in emergenza democratica” oppure “Tranquilli, l’Italia è un paese a democrazia matura”. Questi personaggi sono pericolosi almeno quanto e forse più di quelli che stanno al governo, perché non solo hanno gli occhi bendati, ma cercano di bendarli anche a chi ancora ci vede bene. Come se questa non fosse un’esperienza che in Italia abbiamo già fatto: quando si cominciò a dire che il fascismo non era poi così pericoloso, il fascismo era ormai imbattibile.
A questo punto mi corre l’obbligo di segnalare quanto sia particolare la situazione senese. Qui viviamo sotto un regime sedicente di sinistra che invece è quanto di più simile ci sia in Italia al regime berlusconiano. Qui rovesciare il regime in carica significa semplicemente cascare dalla padella nella brace. Siamo proprio messi male.