11 febbraio Giornata Mondiale delle donne e delle ragazze nella scienza
di Paola Dei
SIENA. L’Organizzazione delle Nazioni Unite sette anni fa, ha deciso di dare un segno tangibile della volontà di superare il divario che ancora esiste fra uomini e donne nella scienza, istituendo la Giornata mondiale delle donne e delle ragazze nella scienza. Equità e inclusione sono le parole chiave per superare i pregiudizi ancora esistenti e per superarli non poteva esserci data più bella dell’11 febbraio, anniversario dedicato alla prima apparizione della Beata Vergine Madonna di Lourdes,. Una coincidenza non di poco conto che ci porta al rapporto profondo che sussiste fra fede e scienza definito nel migliore dei modi da un grande uomo che ha saputo dare un contributo enorme alla scienza senza mai perdere la sua profonda e incrollabile fede. Lui é Albert Einstein, il quale ebbe a dire:”Non e possibile alcun contrasto tra scienza e religione. La scienza senza la religione è zoppa e la religione senza la scienza è cieca”.
Questo dibattito mi permette di parlare di una grande scienziata, l’astrofisica Margherita Hack, che nel 2010 affrontò questi temi con Monsignor Giuseppe Zenti, portando comunque sempre a baluardo la bontà e l’onestà. Elementi che, come lei sosteneva, possono essere prerogativa di chi professa una religione e di chi non la professa. Lei riteneva che l’etica derivasse dalla coscienza, che forse è ciò che chi crede chiama Dio. A modo suo infatti anche lei era certa che queste qualità venissero ispirate dal cielo.
Ho frequentato Trieste per motivi di studio e qui ho conosciuto grandissimi nomi della cultura e della scienza internazionale, fra cui Margherita Hack. Di lei ho un ricordo indelebile. Schietta, diretta, indipendente e libera nel pensiero. Indipendentemente da come la pensavamo su alcuni temi della vita, fu subito simpatia reciproca. Non ho mai parlato con lei di politica o di fede, ma ciò che ci accomunava era la curiosità per l’Universo. Temi universali che accomunano qualsiasi pensiero.. Con discipline diverse e con strumenti diversi, sentivamo entrambe lo stesso desiderio di scoprire i il cosmo. Anni dopo ho avuto il piacere di incontrala di nuovo in Toscana in una occasione in cui io avevo trattato i buchi neri della psiche e lei i buchi neri del cosmo. Ero entusiasta, ma soprattutto ero presente con una curiosità tutta nuova di conoscere meglio quel simbolo di presenza che ha contribuito a segnare una svolta epocale nella scienza al femminile, dedicando tutta la vita alla ricerca.
Fiorentina di nascita, triestina di adozione per le innumerevoli cariche che aveva svolto nella città istriana, sua seconda patria, la Hack non ha mai perso la verve e il suo inconfondibile accento toscano accompagnato da due occhi vivi come quelli di una ragazzina. Bastavano poche parole perché emergesse la sua intelligenza, la sua originalità e la sua creatività mentre illustrava le bellezze del cosmo. Non c’è mai stato un momento in cui il suo racconto o le sue frasi siano risultati velati di ombre o incomprensioni. Lei ha avuto la forza di vivere il sogno della sua vita, è riuscita ad imprimere alla sua storia un senso completamente diverso da quello che era stato deciso per lei e rappresenta ancora l’immagine di un femminile che non ha avuto paura di compiere il proprio percorso.
Studentessa al Liceo Classico Galilei di Firenze, si iscrisse successivamente all’Università delle “belle lettere” dove, dopo solo un’ora di lezione decise che quegli studi non facevano per lei e si trasferì a Fisica con la certezza di voler vivere fra le stelle. Ascoltandola, in particolare quel giorno, ho rivissuto momenti in cui, da studentessa, mi annoiavo durante alcune lezioni e disegnavo le stelle su fogli di quaderno, poi mi sono emerse nella mente scene di film, momenti di vita, musiche, opere d’arte.., mi é risuonata nelle orecchie la frase di una bellissima canzone di Lucio Dalla: “…….il cielo…la terra finisce e là comincia il cielo…”, poi ho sorriso al ricordo dell’acchiappastelle, il personaggio di un mio libro dedicato ai bambini dell’Ospedale Pediatrico Meyer, che con la retina cercava di acciuffare la scia luminosa del cielo. Poi mi sono vista all’Università di Trieste con gli occhi a metà fra cielo e mare e ho pensato che per un piccolo, brevissimo momento, il mio cammino ha seguito quello della “Signora delle stelle”.
Margherita Hack oltre ad aver evocato immagini indelebili impresse nella mente come incisioni di un artista, mi ha fatto fare un bellissimo viaggio fra i riflessi dorati e argentati della via lattea, dove Big Ben e buchi neri sono stati capaci di affascinare e incantare, oltre a trasmettere una passione che non è mai invecchiata. In ogni momento trasparivano le emozioni di quando era ragazza mentre un messaggio d’amore per la vita s’insinuava fra le sua parole.
Quando sono andata a salutarla, la “Signora delle stelle” ha ribadito: “…. Sono una toscanaccia anche io come voi!”
Come tutti i grandi, mi ha sempre trattato come una amica e non è mai salita su piedistalli. Guardava altro nelle persone…. Ci promettemmo di fare qualcosa insieme e l’occasione capitò anni dopo. Lei ne fu entusiasta, come lo fummo io e gli altri referenti del progetto, certi che ci avrebbe regalato riflessioni originali e indimenticabili.
Purtroppo giorni dopo appresi la notizia della sua dipartita.
La signora delle stelle si era trasformata in una stella e forse con quel suo inconfondibile accento da toscanaccia ci stava salutando: “Oh grulli, ‘un sono morta. Sono semplicemente arrivata a ‘asa mia, fra le stelle!” a coronamento di quella che lei stessa aveva definito “Una vita fra le stelle”, come il titolo di un suo libro, rimasto indelebile nella mia mente……. quando le dissi che anch’io ero una “toscanaccia” con Trieste nel cuore.